19 settembre, in pellegrinaggio alla Madonna della Guardia
Non si è trattato di adempiere una formalità, di compiere il gesto annuale “di rito”: all’inizio dell’Anno della Misericordia, le nostre famiglie sono salite al Santuario di Genova per ringraziare dell’abbraccio di bene che tutti, genitori e bambini, riceviamo ogni giorno, e per affidare a Maria le nostre fatiche, i nostri dolori. Alcune testimonianze
Il gesto è iniziato col canto “Abramo”. Dio chiama il patriarca fuori dalla sua terra: “Quello che lasci tu lo conosci.. ”. Ciò che accade nelle nostre famiglie quando entra qualcuno, e la stesso pensiero ha chi viene accolto: va incontro al bello di un abbraccio, ma anche all’imprevisto.
“Il tuo Signore cosa ti da?” che guadagno hai nell’allargare la tua famiglia, allargare il tuo cuore? Abbiamo chiesto ad alcuni amici di testimoniare come, sperimentando la misericordia di Dio su di sé, la loro vita sia“ripartita”.
Luca racconta degli ultimi mesi di sofferenza della madre malata, della consapevolezza di non farcela e della richiesta di aiuto e di amicizia. E la sua domanda di preghiera agli amici: “…se la fede non entra nei particolari della vita è vana, generica”. Poi la nascita del ‘Gruppo In famiglia’, il luogo dove famiglie che vivono situazioni di sofferenza e malattia trovano un punto cui potersi affidare per ripartire, per dirsi ciò per cui vale la pena vivere.
Laura ci rilegge un passo del Papa: “Solo l’iniziativa di Dio creatore poteva colmare la misura del cuore. Ed Egli ci è venuto incontro per lasciarsi trovare da noi come si trova un amico. Così noi possiamo riposare anche in un mare in tempesta, perché certi della sua presenza”. Laura vive una storia di affido difficile e movimentata. Poi una sera, a cena con due amici dell’Associazione, percepisce una vera attenzione su di sé: senza la pretesa di risolvere i problemi, quegli amici permettono che nel loro sguardo passi l’abbraccio misericordioso di Gesù. “Da quella serata si e’ aperta una possibilità diversa, io e mio marito siamo usciti cambiati: mio marito non é molto a casa, ma quando c’è, prima di dormire diciamo una preghiera insieme, cosa che non avevamo mai fatto. E’ cambiato lo sguardo a me: cercare di voler bene a me stessa e alle mie domande. Sono in pace, ho smesso di scappare, ma ho iniziato una strada fatta di gesti. Ho stretto di più il rapporto con alcuni amici e insieme abbiamo affrontato i problemi. Io ho sempre fatto fatica con D., ma mi accorgo che anche lui cambia e cresce, perché sto cambiando io”.
Infine don Federico, che ha vissuto personalmente l’esperienza di essere affidato ad una famiglia, oggi insegnante in un liceo, riprendendo il racconto di Laura dice: “Il punto, il vero successo non è saper gestire le cose, che scompaia il problema, ma che in questa condizione noi cresciamo, entriamo di più in contatto con la realtà. Se penso a me, all’origine della mia vita ho avuto l’esperienza dell’abbandono: ora ho cominciato a trasformare questo in un fattore di crescita; ad esempio, io insegno, e il mio limite mi rende più facile capire che anche i miei studenti non vogliono essere abbandonati, hanno dentro la mia stessa domanda”.