Sono stata guardata e si è accesa una speranza. Racconti dalla nostra mostra a Verona
Anche a Verona in questi giorni è iniziata l’avventura della mostra “Non come ma quello: la sorpresa della gratuità”. Avventura di lavoro preparatorio, di contatti, di formazione, di coinvolgimento. Dalla preparazione delle guide, alla elaborazione dei testi e manifesti, dalla conferenza stampa al coinvolgimento della Diocesi, del Comune, dell’Azienda sociosanitaria Scaligera e del Provveditorato. Un percorso che ha rinnovato in noi, per primi, la gratitudine per la storia vissuta e per l’amicizia operosa.
Testimonial lo scrittore Daniele Mencarelli che ha incontrato al mattino 250 studenti delle scuole superiori. “Amore e dolore coincidono nella mia vita – ha detto – e chiedono di essere investigati. Il dolore chiede parole per essere accolto”. Un ragazzo chiede a Mencarelli come fanno certi filosofi a dire che l’altro è il “nostro inferno”. Lui risponde “La prima lettera dell’accoglienza è lo sguardo. Invece prevale il gioco degli scacchi. Se entriamo in un negozio con gli occhi bassi, distratti o se abbiamo gli occhi spalancati e curiosi il mondo cambia. Occorre ritrovare l’arte dell’incontro”.
Testimonial anche Jessica, ragazza accolta per anni nella nostra casa famiglia e ora mamma di un piccolo di 1 anno, che raccontava: “Il dolore non svanisce ma ti insegna. Noi giovani non dobbiamo puntare il dito, perché non sappiamo cosa sta passando l’altro a scuola o a casa; magari ride ma dentro sta morendo, e certe parole e scherzi fanno davvero male, io l’ho provato”.
Alla sera dell’inaugurazione, oltre a Mencarelli, ci sono Luca Sommacal e mons. Domenico Pompili, vescovo di Verona e Asia, 25 anni, anche lei da poco mamma. Luca illustra per i 250 partecipanti la storia dell’associazione e della mostra, l’imprevisto incontro tra la gratuità e la bellezza, l’accoglienza e l’arte, nel come di ciascuno degli artisti e di ciascuna famiglia.
Anche mons. Pompili segue questo percorso. “Grazie – dice – per le vostre accoglienze, che sono spazio per chi non ha famiglia e non è della famiglia; perché la pace si costruisce anche attraverso micro-gesti di pace, ed è proprio vero che senza il quello il come evapora.”
E poi Asia, accolta per diversi anni da una nostra famiglia. “Il dolore dell’abbandono ha segnato le mie giornate – ha raccontato – e la domanda a cosa, a chi appartengo. Un dolore intenso chi mi faceva odiare tutto. Poi sono stata guardata e si è accesa una speranza. Ma non subito, perché non mi fidavo, mi chiedevo cosa volessero da me questi che cercavano di volermi bene!? Poi questo abbraccio ha vinto, come dice la canzone che abbiamo ascoltato (L’assenza, di Fiorella Mannoia) “Tu segui i passi di questo aspettare, esiste un cuore dove tornare”. Così è stato per me e ora lavoro come operatrice sociosanitaria e mi accorgo del dolore degli altri, consapevole che ci sono altri dolori da guardare”.
Alla mostra, che resterà aperta fino al 19 marzo, incontreremo le famiglie affidatarie del Comune, le assistenti sociali con cui stabilmente collaboriamo e tanti ragazzi delle scuole.