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Cronache di uno stupore

Il racconto di una fine settimana a Roma con gli amici della Fraternità Sacerdotale S. Carlo Borromeo. Il racconto di Roberta.

Tutto nasce dal desiderio di approfondire l’amicizia con don Emmanuele Silanos, vicario generale della fraternità San Carlo Borromeo, e con un giovane seminarista trentino, persone in cui avevo intravisto, in alcune occasioni, una invidiabile bellezza di umanità e di cammino anche per l’accoglienza. Così, nell’autunno scorso, provo a dare forma al mio desiderio, chiedendo di trascorrere a Roma, con loro, un fine settimana. Condivido questo mio desiderio con il direttivo locale di Famiglie per l’Accoglienza, che subito lo fa suo e può così partire un intenso giro di mail con il giovane e paziente seminarista portoghese, Joao, al quale veniamo affidati.

Finalmente arriva l’atteso weekend, partiamo in 40 e, già varcando la soglia del seminario, intuiamo subito che ci stanno aspettando. Iniziamo la breve vacanza con la Santa Messa. Per non disturbare ci mettiamo in fondo, ma ci viene chiesto di avvicinarci. Impossibile non rimanere incantati dai giovani seminaristi, dai loro volti lieti, alcuni così belli, che non distolgono lo sguardo da chi dirige i canti: tutto è curato e pieno di bellezza. Ceniamo con alcuni di loro e poi improvvisiamo una cantata. Si ferma con noi anche don Paolo, superiore generale della Fraternità San Carlo. Con tutti gli impegni che ha, penso che anche questo sia un segno della preferenza che Gesù ha per noi.

Guardo chi ci ospita ed è chiaro che sono in seminario per un di più, attratti da qualcosa di grande, lieti di donare tutta la loro vita a Gesù. “Ed io cosa desidero?”, mi chiedo. Cosa c’entra questo con me, mamma di nove figli che passa la maggior parte del suo tempo tentando di accudirli? Come posso io donare la mia vita a Gesù?

Sabato, dopo un’abbondante colazione, ci aspetta un giro per Roma ed un pranzo dalle suore che Joao ha trovato per noi. La sera don Emmanuele ci regala un momento di testimonianza e confronto. Quello che avevo intuito, cioè che il loro sì c’entra totalmente con il mio, è evidente! Ci racconta di quello che don Massimo ha sempre raccomandato loro: “Dovete suscitare nelle persone la nostalgia di una casa”.

Penso ai miei figli accolti e a quello che desidero per loro, ma anche a quello che desidero per me: avere un luogo dove esser voluta bene, dove essere guardata. Don Emmanuele ci racconta degli incontri con i suoi confratelli, quando li va a trovare, e dice che il suo primo compito è quello di contemplare quello che Dio sta facendo con quella persona lì ed io penso a quel figlio, apparentemente tanto storto, e a tutte le volte che mi fermo a cercare quello che non va invece di guardare a come il Signore sta lavorando in lui. Che Grazia grande avere qualcuno che ce lo ricorda!

Chiudo la serata sempre più certa che a me e a lui è chiesta la stessa cosa: dare la vita, offrire la vita all’Altro, dentro le mie sei lavatrici da fare, cosa che può sembrare estremamente misera, ma non lo è, o con i suoi preti da visitare. Anche i miei amici, con i quali ho desiderato condividere questo momento, commossi ringraziano per l’opportunità di questi giorni. Giorgio, 72 anni, mi scrive: “Ho detto sì a questo momento, lieto di poter stare con le persone con cui condivido la vita. Ero arrivato appesantito da vicende faticose, ma dopo questi giorni mi è stato semplice rivedere la mia vita e le mie difficoltà ed avere la certezza che ogni cosa che succede può essere, se offerta, riportata ad un bene”.

Letizia scrive che si è sentita subito a casa e che si è stupita di questa sorprendente familiarità con quelli della San Carlo che non conosceva bene. Così come Giovanni e Andrea, rappresentati nel meraviglioso mosaico di Rupnik uniti, quasi a formare un tutt’uno, perché protesi verso Cristo, anche lei chiede di essere come loro, innanzitutto nel rapporto con suo marito, con gli amici e con chi incontra.

Leonardo racconta: “Ho ancora negli occhi i volti degli amici seminaristi e dei preti incontrati e la letizia e semplicità con cui ci hanno accompagnato in questi giorni. Mi ha colpito in particolare l’unità nei momenti di liturgia. Un ordine scandito dalla campanella che segna i vari momenti della giornata. È qualcosa che desidero molto anche per me. È possibile questa unità anche nella mia quotidianità, caratterizzata da tante corse, preoccupazioni, perdite di tempo, questioni che sembrano a volte portarti lontano da ciò di cui hai realmente bisogno?”

Ed Elisa aggiunge che: “Guardando questi ragazzi e le suore della Fraternità, il modo con cui vivono la liturgia e il silenzio, così pieno di una Presenza, sono stata sollecitata a riguardare la mia vocazione che è la comunione con l’altro e a chiedere di non sperperare questo dono…

Infine Gabriella ringrazia: “Partiti affaticati, scopriamo che, per rendere più lieto e più lieve il nostro passo, non ci serve tanto una strategia, quanto stare di fronte a chi ha radici profonde, tanto da desiderarle anche per noi. Abbiamo visto chiaramente quanto sia importante e umanamente fecondo curare tali radici. Guardati, ci siamo scoperti più belli noi e abbiamo guardato con più gratitudine gli amici vicino a noi.”

Domenica pomeriggio ripartiamo tutti per le nostre case, certi che in ogni luogo dove andiamo c’è Cristo che ci aspetta cosicché, come don Emmanuele ci ha ricordato, cercando Cristo ovunque, possiamo suscitare, in coloro che incontriamo, la nostalgia di una Casa.

Piena di gratitudine
Roberta