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Da sinistra, Luciano Cristoferi , Carolina e Angelo

Vivere fino in fondo la realtà della vita

Come è possibile vivere le circostanze della vita fino in fondo? Carolina e Angelo (nella foto con Luciano Cristoferi, a sinistra) hanno raccontato la loro storia di famiglia accogliente in occasione della giornata di convivenza della Toscana il 24 novembre 2024.

 

«La storia della nostra famiglia si caratterizza in un ricevere per subito dopo restituire: è stata punteggiata da figli che arrivavano e che poi ripartivano: S., un bambino di una casa famiglia che abbiamo seguito per alcuni anni; N., un bambino con noi per l’adozione e invece dopo tre mesi i servizi sociali ci hanno detto che c’era stato un errore e quindi è andato con dei parenti. Dopo sei anni di matrimonio abbiamo avuto un figlio, Niccolò, nato con una malattia degenerativa, con una aspettativa di vita di 18 anni. Io e mio marito eravamo pronti per “accompagnare” questo figlio in quella che agli occhi del mondo sembrava una circostanza sfortunata. Un santo sacerdote ci disse che la nostra posizione era sbagliata, perché non si trattava di sopportare una sfortuna, ma di vivere pienamente dentro quella circostanza, in qualsiasi modo si presentasse. Nostro figlio, – ci disse – con la sua malattia aveva le stesse possibilità di felicità di tutti gli altri uomini, anche nella sua condizione di disabilità, perché tutti siamo disabili, essendo che nessuno può darsi la felicità da solo! Da qui è iniziata un’avventura piena di fatica e sacrificio, ma anche di una grande ricchezza.

Abbiamo sperimentato che quel desiderio di bene si compie, accade, non nella forma che avremmo desiderato, ma in una forma molto, molto più bella! Niccolò poi all’improvviso ci ha lasciato quando aveva 21 anni, e non a causa della sua malattia ma per un banale incidente all’uscita dall’università.

Noi ci siamo accorti che non potevamo tornare a fare la vita di un tempo. La nostra famiglia aveva una risorsa, anzi, era una risorsa, che non poteva essere sprecata. Abbiamo deciso di fare domanda di affido.

Quindi è arrivato J., un ragazzo di 14 anni. Con lui è iniziato un rapporto molto complesso, tutto il   contrario delle esperienze precedenti: aveva già la famiglia e non voleva altri riferimenti affettivi. L’anno scorso, scaduti i due anni di affido, ha chiesto di entrare in una struttura. Il mese scorso, suona il campanello di casa: era lui. Era già venuto altre volte, ma sempre per chiedere qualcosa. Questa volta era venuto solo per salutarci. Ci siamo lasciati con un abbraccio. La nostra fermezza e franchezza nella vita familiare, motivo principale del suo andare via, gli hanno fatto scoprire che può contare su di noi.

E così la storia non è finita: M., un’amica di Niccolò, trovandosi in difficoltà, è venuta a stare da noi per quattro mesi; nostra nipote spesso e volentieri si appoggia da noi quando ha bisogno per lavoro; da qualche settimana è arrivata T., che frequenta il liceo a Firenze.

La libertà della nostra famiglia è l’adesione alla provocazione della realtà, è vivere la circostanza fino in fondo. Gli amici di Famiglie per l’Accoglienza sono la provocazione, noi aderiamo per quello che ci è possibile, visto che tra l’altro non siamo più giovanissimi. L’adesione alle circostanze comporta il rischio di vivere una cosa che non si conosce, ma qui scatta la speranza, fondata sulla certezza di quello che abbiamo sperimentato nella nostra storia, sulla bellezza di quello che vivono i nostri amici e sulla testimonianza reciproca di noi tutti qui presenti».