Ogni accoglienza è un gesto di speranza
La strada dell’accoglienza nelle nostre famiglie si snoda lungo passi che definiscono una nuova consapevolezza: quella di una speranza vissuta e incardinata nella natura di Dio. Una speranza annoverata, non a caso, tra le virtù teologali “che rendono le facoltà dell’uomo idonee alla partecipazione alla natura divina”. Una strada di speranza che quindi avvicina a Dio. È partendo da questa citazione del Catechismo della Chiesa Cattolica che il presidente Luca Sommacal ha concluso il Seminario Internazionale di Famiglie per l’Accoglienza dal titolo “Accoglienza, strada di speranza”, svoltosi dal 15 al 17 novembre scorsi a Peschiera del Garda. Un fine settimana particolarmente intenso, ricco di testimonianze capaci di documentare le storie di famiglie “a cui la vita ha fatto pochi sconti”, e che hanno aperto le porte delle loro case nella certezza di un Destino buono.
Le parole del “Filo rosso 2024-25” – che ha dato il titolo all’evento – hanno accompagnato i lavori. A partire dalla citazione di Papa Francesco: “Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene” (Spes non confundit), riecheggiata più volte come punto di partenza da cui guardare i figli accolti abbracciando tutte le loro fragilità. Senza farsi determinare da quel “ghigno di scetticismo” che li fa considerare ormai persi e irrecuperabili, senza speranza. Ma sperimentando quel “amore previo”, che cioè viene prima e non censura né giustifica errori e contraddizioni, ma li abbraccia nel perdono.
Le numerose testimonianze emerse durante i lavori del venerdì sera e del sabato mattina hanno documentato quanto dentro ogni accoglienza prenda forma un gesto di speranza per tutti, fino alle situazioni più difficili; “perché a noi la vita ha fatto pochi sconti e più di altri siamo indotti a chiederne conto a Dio” ha detto Sommacal. “Nell’accogliere le persone che amiamo viviamo una grande impotenza, ma proprio qui abbiamo la possibilità di sperimentare l’eterno dentro le cose quotidiane. Perché ogni dolore è un passo verso la speranza” ha aggiunto un amico nel suo intervento.
“In questa strada di speranza, noi non ci facciamo compagnia per il consenso, ma per aiutarci a scoprire il senso. Per questo siamo chiamati a verificare insieme nell’esperienza le cose che ci siamo detti” ha sintetizzato il vicepresidente Rossano Santuari nel concludere i momenti assembleari.
Due affondi particolarmente significativi hanno impreziosito i lavori del Seminario Internazionale, mostrando come il cammino dell’Associazione si ponga all’interno di una prospettiva ben più grande: quella della Chiesa. A partire dalle parole paterne di mons. Giampaolo Dianin, vescovo di Chioggia, il quale ha aiutato a comprendere dove si colloca questa accoglienza come strada di speranza nell’insegnamento della Chiesa. E così dal fondamento posto nella formula matrimoniale, che il presule ha voluto sottolineare ricordando l’etimologia di molti termini utilizzati, al fatto che “il matrimonio cristiano non è una realtà privata” perché “al suo interno l’accoglienza affonda le proprie radici”, sono stati tante le sottolineature al valore di questa esperienza nel Magistero della Chiesa. “La famiglia non è un ideale astratto ma un compito artigianale” è stata la frase di Papa Francesco in Spe Salvi più volte ricordata, quasi a voler sottolineare come dentro quella paziente dimensione sia possibile “imparare a stare accanto ai nostri ragazzi, che non sono qualcosa di rotto da riparare, ma persone da amare, perché Gesù ha già salvato tutti”. Noi, come Maria, siamo chiamati a stare sotto la Croce “per la forza della nostra debolezza, sperimentando come il perdono sia “il volto dell’accoglienza”, “la sentenza di Dio” che si sperimenta all’interno di luoghi ben precisi, a partire dalla famiglia. “Dio – ha concluso mons. Dianin – ha affidato alla famiglia il compito di rendere domestico il mondo”.
E proprio alla famiglia come Chiesa domestica ha più volte fatto riferimento la Dott.ssa Gabriella Gambino, sottosegretaria al Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita della Santa Sede, riprendendo le parole di San Giovanni Crisostomo (“fate della vostra domus una piccola Chiesa”) e l’insegnamento della famiglia polacca Ulma, sterminata nella seconda guerra mondiale e recentemente beatificata. Che accogliere sia una strada di speranza, ha spiegato la Dott.ssa Gambino, passa anche dall’assolvere quel compito che la Chiesa affida alla famiglia nella trasmissione della fede, “perché non possiamo abbandonare i figli nel labirinto delle ideologie”. E qui spunta il tema della “educazione alla libertà”, cioè “a sapere rispondere alla proposta di Dio”; un’educazione che diventa possibile dentro la condivisione tra famiglie, dentro la fedeltà ad una storia”.
La commovente testimonianza di fine anni ‘80 di Novella Scardovi, la compianta fondatrice della Casa d’Accoglienza San Giuseppe Santa Rita di Castel Bolognese, riproposta in video, ha preparato il terreno alle potenti testimonianze dei figli accolti, ascoltate nella mattinata di domenica.
Sono intervenute Jessika e Minita, figlie accolte con storie diverse tra loro, ma accomunate dalla maturazione di un giudizio sulla propria vita che affonda le radici in quel bene ricevuto. “I vostri figli accolti hanno solo bisogno di essere amati, nient’altro” ha ribadito Jessika. E su come aiutare questi ragazzi, spesso considerati “difficili”, si sono soffermati gli ultimi interventi: quello del direttore generale della cooperativa Aslam Carlo Carabelli, che gestisce centri di formazione professionale per rispondere alle richieste delle aziende tra Varese, Milano e la Brianza, e quello di Carol Roncali, pedagogista e insegnante in Valle d’Aosta, con un impegno nell’associazione Agevolando che riunisce ragazzi passati dal sistema dell’accoglienza (i cosiddetti “careleavers”) e prova ad aiutarli nel percorso di crescita soprattutto dopo la maggiore età, anche con azioni di advocacy sulle Istituzioni per migliorare certe situazioni.
Luca Sommacal nelle conclusioni ha sottolineato come “lo slancio della speranza preservi dall’egoismo e conduca alla gioia della carità”. L’esperienza dell’essere amati fa scoprire la dignità infinita di ogni persona, educa ad amare la libertà e il destino dei figli.
(Giovanni Bucchi)