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L’amore accogliente che costruisce

“Un amore che permette di costruire una grande famiglia in cui tutti possano sentirsi a casa” dicevano Nicoletta e Mirco nella testimonianza fatta al pellegrinaggio a San Luca del 15 ottobre. È per approfondire l’esperienza di questo amore e della nascita di quel luogo accogliente che il 10 novembre le famiglie dell’Associazione di Bologna hanno voluto incontrarli di nuovo.

Il racconto di Nicoletta parte dal dolore di non poter perseguire il progetto di famiglia numerosa e dal ruolo decisivo dell’incontro con Famiglie per l’Accoglienza per poter rialzare lo sguardo: “Abbiamo potuto decidere di fidarci di un progetto che immediatamente ci aveva procurato solo dolore”.

Dal dolore è nata una grande domanda, che tenuta aperta nella realtà li ha portati a vivere tante esperienze diverse di accoglienza: affido, adozione, anche la condivisione della propria casa con un’altra famiglia. Tante accoglienze diverse che sono diventate la normalità, in particolare quella delle mamme dello Zimbabwe e dei loro bimbi accompagnati da Operazione Cuore nell’attesa di un intervento cardiaco.

L’ultima accoglienza è stata quella di un bimbo di meno di due anni: dopo due complicati interventi al cuore, il piccolo e la mamma sono rientrati in Zimbabwe felici che tutto fosse andato bene, ma dopo pochi giorni il bimbo si è ammalato e non è sopravvissuto alla malattia. 

Nel racconto torna l’esperienza di un dolore profondo e l’imponenza di una grande domanda di significato. Per andare a fondo in questa domanda nella loro esperienza è fondamentale l’aiuto della compagnia, come quella di un’amica che ha detto “Sei sicura che la vita di un bimbo con sindrome Down in Africa sarebbe stata meglio che l’essere lassù in cielo tra le braccia di Dio?” o del loro figlio più grande che dalle vacanze scrive “mamma abbiamo veramente accolto Dio!”. E Nicoletta spiega: “Non che non fossi sicura che K. fosse da Dio, ma è qui che c’è stata una percezione più chiara. Non immediata, non automatica, ma come un abbraccio… l’abbandonarsi fiducioso a quanto ci era accaduto. Poco più tardi nella giornata, quando sono arrivate le ragazze del pre-meeting una nuova commozione ci ha fatto dire «Ecco Dio è di nuovo qui, ha solo cambiato volto». È stato proprio un cammino, fatto di preghiera, di affidamento e di compagnia. Oggi possiamo dire con più consapevolezza che la realtà che hai di fronte è una grazia, un dono per te, per la tua crescita, per il tuo bene. Questo dono non lo si può gestire come vorremmo noi, siamo impotenti e nella povertà ci riconosciamo fratelli”.

“Essere doni l’uno dell’altro nella povertà è l’unica cosa che possiamo fare” – conclude Nicoletta – “Non chiediamo nemmeno più chi è quando suonano alla porta, perché siamo certi che ogni persona che entra in casa porta un bene per noi e la nostra famiglia. Non è per fare del bene a chi entra in casa, ma è per avere questo Bene che noi accogliamo.”