Famiglie in festa a Varese: come è andata
Il racconto della giornata di inizio anno delle famiglie di Varese lo scorso 25 settembre
Siamo tornati a vederci de visu, in carne e ossa, e il primo commento che tanti hanno fatto è stato “finalmente!”. Non se ne poteva più degli zoom e dei teams. E sembrava passata un’eternità da quando, nel 2019, avevamo organizzato per l’ultima volta in presenza la Festa delle Famiglie per l’Accoglienza di Varese.
Già il fare una festa, di pranzare insieme, di parlarsi senza uno schermo di mezzo, di ascoltare una testimonianza, di vedere i figli correre e giocare, è stata una novità. L’altra, la più bella, è stato riscoprire che è dentro una “compagnia in cammino” che i passi diventano più lievi e le fatiche più leggere. E quindi il tutto è stato un successo, qualcosa che, finalmente, ci voleva! Insomma ancora una volta ne è valsa la pena di organizzare la Festa per le famiglie lo scorso 25 settembre nell’oratorio di Brunello. Mobilitato tutto il direttivo ma anche amici e amici di amici in un’atmosfera di festa e nell’allegria della convivenza.
Al ritrovo in tarda mattinata è seguita la messa e poi il pranzo tutti insieme, con piatti preparati dai partecipanti e con l’immancabile grigliata di carne. Poi, nel pomeriggio, la testimonianza di Titti e Giorgio che gestiscono una casa di accoglienza a Mediglia, sud di Milano.
Una testimonianza diretta, verace, come accade sempre quando qualcuno mette in gioco tutto se stesso in ciò che racconta e non viene a dispensare “istruzioni per l’uso” per gestire dei problemi. Pochi fronzoli e idee chiare sui capisaldi di un’esperienza di amore e di apertura che non è un sentiero lastricato di petali di rose (d’altronde con 9 ragazzi in affido in due case l’una vicina all’altra lo si può ben immaginare) ma una strada a volte in salita ma affrontata nella consapevolezza di non essere mai soli perché i primi ad affidarsi a Qualcuno sono proprio coloro che l’esperienza della casa famiglia l’hanno avviata, anni fa, “con quei sì detti a volte magari un po’ incoscientemente ma dei quali non ci siamo mai pentiti, nella certezza che noi siamo chiamati a fare compagnia ai nostri ragazzi per il tempo che ci è dato” e “sicuri che quando se ne andranno dalla nostra casa in loro non rimarranno le regole che gli abbiamo insegnato ma la relazione che saremo stati in grado di creare”.
Ascolti Giorgio e Titti, ti guardi intorno, vedi i ragazzi che anche tu stai accompagnando per un tratto del cammino e capisci che, sì, è così, per loro la speranza è in un abbraccio non in una serie di cose da fare o da non fare.