News

Ciro racconta l’ultimo incontro adozione figli adolescenti di Bergamo

Venerdì 3 dicembre 2021 si è tenuto l’incontro del Gruppo Adozione Adolescenti con Pablo di Madrid. Qui sotto il racconto di Ciro.

Qualche sera fa si è tenuto il periodico incontro di Famiglie per l’Accoglienza nel quale noi genitori condividiamo temi sulla quotidiana lotta di gestire un materiale tanto sensibile quanto esplosivo che si personifica nella figura dell’adolescente adottato, cioè i nostri figli.
L’ultimo incontro ha avuto uno spunto in più grazie alla partecipazione di Pablo, ingegnere spagnolo, moglie medico e tre figli di cui due adottati di poco oltre vent’anni e con notevoli problemi comportamentali. Pablo, collegandosi da remoto dal suo camper sotto una tormenta di neve in qualche punto dei Pirenei, ha voluto renderci partecipi della sua storia di genitore adottivo. Ebbene, man mano che Pablo leggeva i suoi appunti, parlando una lingua che lui stesso ha definito con autoironia “itagnolo”, mi sono a poco a poco reso conto che non era un semplice relatore intervenuto ad un incontro, ma era un amico che parlava ad altri amici, mettendo sul tavolo le sue esperienze più crude e le sue più intime sensazioni che si traducevano in pensieri di tale spessore che molto mi hanno fatto riflettere.
Come accade più o meno a tutti in certi momenti, per me questo è un periodo di scoramento. Quando pensi di averle provate tutte per far sì che i tuoi figli non continuino a perseverare nei loro errori, paure, trasgressioni, autolesionismi, esplosioni di rabbia e così via, ti senti annichilito dal senso di impotenza ed avviato verso un’inevitabile sconfitta. E poi, insperatamente, succede qualcosa che ti consente di rimettere in piedi il tuo malridotto ego e così è stato ascoltando Pablo.
Un episodio del racconto di Pablo in particolare mi ha ri-aperto gli occhi, all’apparenza un fatto poco rilevante che per me non lo è stato affatto. Parlando del tempo in cui uno dei figli ha iniziato a frequentare la scuola, dopo alcuni giorni sua moglie gli aveva palesato una certa preoccupazione per il fatto che il piccolo tornava a casa con le scarpe pulite. Al momento la questione mi ha lasciato alquanto perplesso perché non capivo quale motivo di preoccupazione potesse suscitare il tornare a casa da scuola così come sei stato mandato. Ma dopo alcuni giorni la moglie di Pablo, rasserenata, gli aveva confidato: “E’ tornato con le scarpe sporche e le ginocchia sbucciate, bene, ha cominciato a giocare con gli altri bambini”.
Questa frase è stata per me una rivelazione perché ho pensato: povero stolto, come puoi pensare di giocare con gli altri bambini senza sporcarti le scarpe e sbucciarti le ginocchia? Questo siamo chiamati a fare noi genitori: dobbiamo cadere, ferirci e poi rialzarci per continuare a “giocare”, facendoci cullare per un po’ dall’irragionevole idea che non ricadremo più, pronti ad essere smentiti non appena abbassiamo la guardia. Del resto, queste sono le regole del gioco che tutti abbiamo accettato quando abbiamo intrapreso questa strada. In cuor nostro nutrivamo una malcelata presunzione di poter evitare il peggio, convinti di essere dotati dei mezzi sufficienti per affrontare adeguatamente tutte le questioni più spinose che ci si fossero parate dinanzi: pia illusione! Un modo per evitare tutto questo sacrificio, tutto questo dolore e queste ferite c’è ed è fare lo spettatore.
Pablo non è uno spettatore, è uno che si è messo in gioco affidandosi a Dio ed offrendosi come strumento per il compimento di un’opera più grande di lui. Lo percepisci non perché sia lui a dirlo, ma dal tono della sua voce, dalla serenità che traspare dalle sue espressioni, dall’amabilità del suo sorriso che ti straniscono per il contrasto con un vissuto fatto spesso di sofferenza e dolore per i propri figli.
Dalle sue parole ho capito che la sensazione che mi accompagna in questo periodo è pericolosa per la mia autostima, per la relazione con mia moglie, per il modo in cui guardo o non guardo le mie figlie mentre si fa strada dentro di me la voglia di abbandonare tutto a sé stesso. Non sarebbe decisamente più semplice? Ma, come ha ben detto Pablo, il diavolo è cattivo ma non sciocco e la via che ti indica pare sempre la più agevole da imboccare.
Questo incontro è stato prezioso come solo la nascita di una nuova amicizia può esserlo. Di questo sono molto grato a Pablo che mi ha ricordato quale strada ho scelto di percorrere, anche se piena di inciampi che procurano ferite e dolore. Ma, quando un tempo guarderemo le cicatrici che quelle ferite ci hanno lasciato, le leggeremo come la narrazione di tutto il percorso che Dio ci ha voluto donare e potremo sorridere pensando “ho giocato con gli altri bambini”.