L’esperienza di bene è davanti ai nostri occhi
Il 17 ottobre Famiglie per l’Accoglienza Bologna ha incontrato online due famiglie affidatarie, che hanno condiviso la loro esperienza di un bene inaspettato, emerso nello stare di fronte alle circostanze. All’incontro erano presenti circa 30 famiglie.
Hanno iniziato Sara e Michele. Lei, di professione educatrice, ha raccontato di come nell’esperienza dell’affido è passata dalla posizione di “maestra” a quella di “mamma”. Aprire la propria casa aveva portato più difficoltà del previsto, credeva di essere pronta ma il dolore della bimba veniva vissuto come qualcosa da cambiare, da correggere, da superare. È stato così fino a che le parole di un’amica non le hanno causato un sussulto, una trasformazione: “la devi smettere di fare la maestra, quel dolore è parte di lei”. Non si trattava più solo di aprire la propria casa ma di aprire il nostro cuore alla sua difficoltà di una persona ferita. E questo aveva cambiato tutto permettendo di tornare a respirare.
In questo contesto l’affido a lungo termine si è convertito inaspettatamente in un rientro in famiglia. Di punto in bianco era diventato urgente preparare la bambina al rientro nella famiglia naturale e i genitori affidatari ad affrontare un evento per il quale semplicemente non si può mai essere pronti.
“Abbiamo dovuto ritrovare e ridarci le ragioni dell’affido in sé. Dire che lei è un bene per noi e viceversa è stato davvero un atto di fede. Ci siamo dovuti chiedere se ci credevamo veramente. Tenere aperta questa domanda è stato come un piccolo seme da coltivare, per non cadere nella presunzione di pensare che ciò che avevano da offrire loro fosse il meglio per lei.”
In mezzo a questa difficoltà sono cominciati gli incontri protetti di riavvicinamento alla famiglia d’origine, e poco dopo l’inizio a complicare le cose c’è stato anche il lockdown. In questa difficile circostanza i servizi hanno chiesto di continuare gli incontri in modalità online, anche senza mediazione. Una situazione apparentemente disastrosa, che invece ha portato dei frutti insperati: “Eravamo due famiglie che cercavano insieme, da sconosciuti, di rimettere insieme parti di un’unica storia. La storia di origine della nostra bimba. È stato bello farle vedere che eravamo tutti insieme per lei, senza una parte giusta e una sbagliata”.
La frequentazione è passata dalla forma digitale ad un rapporto personale che, seppure nella difficoltà, ha fatto riconoscere alla famiglia d’origine un bene in atto, arrivando a chiedere a Sara e Michele di rimanere nella loro vita a prescindere dalla decisione del tribunale. “Non sappiamo come andrà a finire, ma il miracolo che vince è che non importa un senso di proprietà, conta l’origine. Conta che qualcuno ti aspetta e ti vuole. Conta che Dio ci ha dato nostra figlia perché facessimo questo pezzo di strada con lei”.
L’incontro è proseguito con la testimonianza di Maria Grazia e Stefano, che hanno raccontato di come la loro storia di affido li ha resi consapevoli, tra gioie e difficoltà, di non essere loro a sapere quale sia il bene per i figli accolti.
Dopo aver passato alcune esperienze di affido, in prima istanza avevano rifiutato l’ultima proposta dei servizi. Un no dettato da condizioni sfavorevoli condivisibili ma che non li lasciava tranquilli. Seguendo questa inquietudine e confrontandosi con amici hanno deciso di accettare la proposta, e da quando hanno detto questo sì tutto si è trasformato, spazzando via l’inquietudine.
“Abbiamo vissuto questa situazione come il passaggio dolce del Signore che ci diceva che sull’aspetto materiale avevamo ragione a dire di no, ma in quella proposta c’era molto di più per noi. Quando abbiamo detto sì tutto si è trasformato, tutto ha preso forma”.
È un cammino nel quale non si è mai arrivati, in cui ogni figlio accolto porta con sé qualcosa di nuovo: “Stiamo stupiti davanti a quello che è accaduto e alla Presenza che abbiamo inaspettatamente sentito ancora, più forte di prima”.