Accogliersi per accogliere: racconti di vita.
Alcune famiglie in vacanza sull’altopiano di Asiago: pur nel rispetto delle restrizioni imposte dalla pandemia, riemerge la bellezza di accompagnarsi nell’esperienza quotidiana dell’accoglienza.
Uno sguardo di bene su di noi, rende più bello il guardare le circostanze, anche quelle che più ci sfidano. Alcune testimonianze di amici che hanno trascorso alcuni giorni di vacanza insieme:
La prima: “Ieri, dopo pranzo, prima di rientrare a casa, mentre siamo seduti a chiacchierare, mi arriva un messaggio da una ragazza che ho accompagnato durante le ultime settimane di una gravidanza problematica che si è interrotta al quinto mese con un aborto spontaneo. Tra le altre cose diceva: ‘Ho sempre creduto che ci fossero persone buone in questo mondo, ma quello che non sapevo era che anche io conoscevo una persona cosi”. Subito ho pensato ‘Ma cosa dice? Io non sono così! Non mi sento particolarmente buona né generosa, misuro sempre’ ecc.. Poi ho alzato lo sguardo, davanti a me c’eravate voi e lì ho capito chiaramente che ho potuto farle compagnia perché ci siete voi, per la compagnia che voi fate a me! Posso essere un po’ più ‘buona’ solo per la carità che vedo vivere tra di noi, perché posso imparare da voi, dalla nostra amicizia. Nonostante tutto il male, il lamento, la misura con cui tratterei sempre tutto. In questi giorni ho visto ancora una volta Gesù vittorioso per come può generare una umanità nuova, una apertura, una non-misura, (uno spreco!) che invidio e desidero anche per me! Grazie amici”.
Un’altra amica racconta: “Cos’è successo di particolare? Direi nulla, tutto è stato meravigliosamente normale, così normale da poter essere riprodotto nella quotidianità. Tante cose mi hanno colpito nella prefazione del libro “Il bene che permane” di Lepori. Mi ha interrogato il sentirgli dire che ‘L’accoglienza richiede tempo e pazienza’. Io che non ho pazienza neanche verso me stessa, immaginiamoci verso gli altri, ma la lettura di queste testimonianze mi ha regalato tranquillità: ognuno di noi è perfetto così com’è, per ognuno c’è una strada, una vocazione. La vocazione degli altri è solo uno spunto per far rinascere il desiderio, una nostalgia, non siamo dei “copia-incolla”, ma degli esseri unici e irripetibili per i quali è pronta una chiamata particolare”.
”In fondo tre giorni in una sistemazione piuttosto sobria cosa sono? -scrive una terza persona- Eppure una contentezza così sincera nel cuore; proprio io, una mamma accogliente che si è sentita accolta ancora una volta, nonostante la sua costante “ non costanza”, nonostante i suoi momenti down. Dopo ciò che abbiamo vissuto, l’isolamento a cui siamo stati costretti, i nostri cuori erano particolarmente affamati di bellezza e ritrovarla nei volti di questi amici è stato come ritrovare la speranza con la S maiuscola”.