“Fontana vivace”, la quarantena vissuta insieme
Le giornate nell’epoca della pandemia nella casa famiglia di Genova.
Riconosco che è una fortuna passare le giornate di ‘chiusura’ con gli amici della casa, e in una dimora così bella: lo ripetiamo spesso ai ragazzi. Possiamo vedere i volti di chi è con noi da quasi dieci anni (in questo momento, in casa, siamo ventidue), condividere con loro i timori, le novità, le cose belle che accadono. E, infine, possiamo godere di un grande spazio esterno: il giardino, le terrazze, persino il campo di calcetto e tennis!
Le giornate iniziano con l’arrivo della nostra educatrice, alle 9.30: la sveglia dei due bambini accolti la cui madre è al lavoro, e poi tutti insieme, una ‘banda’ dai 6 ai 12 anni che fa i compiti nella sala comune, anche collegandosi con le scuole per le videolezioni. Finalmente, il momento del gioco: nascondino, calcio balilla, gare di ogni tipo, e per i maschi l’immancabile calcio, mentre le femmine fanno collage o disegni o collane, e approfittano per parlare un po’ di sé con l’educatrice.
Dopo il pranzo (spesso all’aperto viste le bellissime giornate, qui a Genova) anche i ragazzi più grandi che la mattina studiano – c’è anche chi scrive la tesi in attesa di una nuova data di laurea! – entrano in campo e si coinvolgono coi piccoli. Questa è stata una grande novità, che ci ha sorpreso: nuovi legami che nascono, vecchie amicizie che si ripropongono. Da tempo i ventenni non giocavano coi bambini, ora sono per loro ‘istruttori’ di ginnastica o pallone, tennis o pallacanestro. Anche ragazzi più problematici, che hanno vissuto periodi di chiusura e isolamento, ora tornano a condividere i pomeriggi col sorriso.
Le serate si vivono in famiglia: ogni nucleo inventa con fantasia qualche passatempo, persino la cena diventa occasione di stupore: i ragazzi cucinano! E poi ci si dà un voto, come accade in tante trasmissioni televisive. Un gioco dell’oca ispirato al virus e alle norme di sicurezza, o un divertente quiz sulle memorie familiari, o semplicemente, un film tutti insieme.
A volte, invece, qualcuno si collega in video con amici che magari non vedeva da tempo, oppure con persone fedelissime dentro un legame che accompagna le nostre famiglie da tanti anni. Anche col gruppo di Famiglie per Accoglienza o Dimore per l’Accoglienza abbiamo fatto incontri video densi di racconti, di timore per chi tra noi non sta bene o vive da vicino il dramma nelle città più colpite.
Non mancano tuttavia le preoccupazioni: nessuno dei nostri piccoli accolti può incontrare i genitori, alcuni nemmeno sentirli per telefono. Occorre stare loro vicino e tentare di rispondere alle loro domande, di sostenerli nelle comprensibili paure e nostalgie. Uno dei nostri, diciotto anni compiuti da poco, ha deciso di andarsene da casa. Una stanza in affitto, coinquilini sconosciuti, il pensiero per la sua sicurezza … anche di questo parliamo quando, la sera tardi, noi sei adulti beviamo il solito caffè, non più “solito” da quando Marco, medico chirurgo, ci racconta della situazione in ospedale, oppure Laura dà aggiornamenti sui fratelli ammalati. La preghiera con cui ci salutiamo non è mai stata così vera e piena di domanda, per le nostre famiglie, per tutti.