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“La nostra famiglia in questi giorni”

Dalla Toscana il racconto di una mamma affidataria (e medico) in questi giorni di clausura.

“Non c’è nulla di eclatante né di edificante. Il mio bambino in affido è arrabbiato col virus che gli ha tolto tutti gli amici (di scuola, nuoto) e ora pure l’incontro mensile con la sua mamma (ci piange un po’ tutti i giorni mano a mano che si avvicina il giorno stabilito). Le ragazze studiano come matte, sono sottoposte alla forte pressione indiretta che viene dal lavoro mio e di mio marito (anche lui medico): non hanno vinto la vacanza forzata in casa a far biscotti e giochi coi genitori, ma l’ansia di convivere con l’infettivologo che predice 15 giorni prima le conseguenze, quando sembrano impensabili e dover vedere i genitori partire da casa per andare in trincea. Col fatto che possiamo noi portare a casa il virus dall’ospedale, passo più tempo a disinfettare tutto che a coccolare i figli.

Mi sono offerta di andare in prima linea, non ce la faccio a stare a guardare dalla Tv, quindi dalla scorsa settimana sono nel reparto che abbiamo creato per curare i pazienti in attesa dei risultati per il Covid-19. Sono l’unica volontaria, gli altri quattro colleghi sono molto più giovani, bisognosi di guida e di essere accompagnati.

Domenica a casa, mi ha assalito un terrore folle per l’incolumità di mio marito e durante uno Skype con gli amici sono sbottata a piangere confidando la mia paura. Da allora gli amici si prodigano in preghiere per me e mio marito e devo dire che sono più serena: sul lavoro percepisco utile agli altri (medici, infermieri, pazienti) la mia presenza, mi sembra di dare un aiuto a svolgere il nostro lavoro con più serenità e senso di armonia”.