Un Vescovo per amico
Una cena in amicizia con il direttivo di Famiglie per l’Accoglienza Trentino Alto Adige.
Non è certo cosa da poco avere un Vescovo per amico e poter contare sulla sua paterna e fraterna disponibilità al dialogo e all’ascolto, così quando don Guido lascia la sua Diocesi di Paulo Afonso, in Brasile, per trascorrere qualche breve settimana qui in Italia, noi del Direttivo allargato di Famiglie per Accoglienza cerchiamo sempre di incontrarlo, rubandogli un po’ del suo prezioso tempo, perché per noi è sempre stato illuminante e rigenerante dialogare con lui.
Così anche quest’anno, siamo riusciti ad averlo a cena con noi e, tra la pizza ed il dolce, c’è stato lo spazio per porre le questioni che più ci stanno a cuore, le fatiche che rischiano di tagliarci le gambe e le preoccupazioni che talvolta offuscano il nostro sguardo e ne è nato un dialogo appassionante perché don Guido non ci ha dato ricette di facile applicazione, ma ha condiviso con noi la sua esperienza, raccontandoci di come lui vive le sue questioni, le sue fatiche e le sue preoccupazioni, dentro un dialogo serrato con Dio capace di dare senso e sostanza a tutto.
Così, sollecitati da Roberta, si è parlato dell’inquietudine del cuore, così viva in lei, che la porta a lasciarsi ferire e provocare da ogni sollecitazione della realtà – che sia una segnalazione dell’assistente sociale o il bisogno di un amico in difficoltà – e a chiedersi se non sia il Signore che bussa alla porta dell’esistenza. Nel dialogo, questa inquietudine è stata riconosciuta come dono preziosissimo, che ci salva dall’appassimento del cuore, e che può rappresentare la linfa vitale dei nostri rapporti, perché ci dà il coraggio di osare e di chiedere, anche ai nostri amici. Infatti il singolo non può dare risposte a tutte le sollecitazioni che la realtà pone.
E su questo don Guido ha insistito, anche per la sua esperienza di Vescovo: “Dobbiamo stare sempre attenti a non credere di essere noi i salvatori del mondo: noi non riusciamo a rispondere a tutte le situazioni di bisogno che incontriamo. E questo è davvero prezioso per poter far crescere un’autentica affezione a sé, che si fonda su una accettazione non formale dei nostri limiti strutturali e personali e che ci apre agli altri”.
Si è quindi parlato dell’importanza di stare alle circostanze, di offrire l’istante presente, soprattutto quando ci costa fatica aderirvi pienamente. Come raccontato da Isabella, anche studiare le tabelline con un figlio che fa fatica ad impararle può diventare un peso insopportabile se lo sguardo non è ben messo a fuoco. Il dialogo ha fatto emergere la strada maestra attraverso cui il Signore ci incontra, una strada fatta di gesti molto semplici e quotidiani più che di grandi gesta eroiche. Così anche con i figli, che magari “preoccupano per le loro scelte o per la fatica che fanno a scegliere”, come sottolineato da Gianni e Letizia. Il dialogo quotidiano, che prende spunto dai fatti della vita e li rilancia, è fondamentale ed è la parte che ci è chiesta, perché poi, come il Signore li incontrerà questi figli, non è cosa che possiamo decidere e determinare noi; il nostro desiderio – che si “salvino”- deve essere mantenuto nella sua purezza per non degenerare in pretesa.
E quando Rosanna ha fatto presente che talvolta anche questo dialogo con i figli è impossibile, perché ci si trova davanti ad un muro, don Guido ci ha invitato a “pensare alla pazienza che Dio deve avere con noi, così spesso ottusi e sordi, così arroccati nei nostri schemi mentali, che usiamo come arma per difenderci dalle sue sempre sorprendenti proposte”.
L’imprevisto, e la nostra docilità ad accoglierlo, si sono imposti ancora una volta come via che ci salva, anzitutto dalla nostra ridotta misura. E’ questa l’esperienza che don Guido ha condiviso con noi.