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“Essere padri e madri vuol dire testimoniare la speranza”.

L’esperienza della paternità e maternità vissuta da chi, anche per lavoro, deve occuparsi di bambini e adolescenti. La testimonianza di Rolando Zanon alla giornata conclusiva dell’anno sociale in Toscana.

La storia di Rolando è quella di una vocazione ‘incontrata’ sul campo. Dopo il diploma, in attesa di partire per il servizio militare, fa il volontario per un periodo in una comunità con ragazzi disabili. Una neuropsichiatra nota che è bravo con i ragazzi e gli propone di lavorare come educatore a Varese. Inizia da qui un percorso professionale e di vita nel campo del sociale che, complice la ragazza con cui mette su famiglia, lo porta dalla Lombardia alla Toscana. Ora Rolando è responsabile di una comunità educativa per minori in provincia di Arezzo.

E’ sua la testimonianza alla giornata di fine anno di Famiglie per Accoglienza Toscana, sabato 15 giugno, sempre seguendo il filo rosso che ha accompagnato gli incontri di tutto l’anno, “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”: “Il mio lavoro sarebbe quello di assicurare le cure di base come alloggio, cibo, scuola ai ragazzi, ma non è mai così: entrano utenti ed escono sempre figli – ha detto Rolando – in ogni caso entrano a far parte della tua storia”.

Una storia la sua segnata anche da eventi drammatici e dal complicato rapporto con le famiglie di origine: “Il rapporto quotidiano con i ragazzi è sempre qualcosa che deborda da quello che dovrebbe essere il lavoro e si crea una rapporto di figliolanza. Mi sono domandato che cosa significhi questo per me. Una frase di don Luigi Giussani mi ha aiutato: ‘Il compito della vita è la paternità e la maternità, arrivare, cioè, alla maturità dell’amore’. Ho capito che noi educatori nella comunità viviamo questa paternità e maternità, ovviamente non perché ‘giochiamo’ a fare il babbo e la mamma”.

In cosa si è padri o madri nei confronti dei ragazzi della comunità, così come dei propri figli? “Nella testimonianza di una speranza e non puoi avanzare nessuna pretesa verso chi hai davanti. Per quello che posso dire io, nel tempo però avvengono veri miracoli. Nessuno rimane sempre allo stesso punto, e questo vale anche il più duro. Spesso viviamo la pretesa di essere noi a determinare una certa riuscita in certe situazioni, ma le cose accadono in modo assolutamente gratuito”.

Nel dialogo con le famiglie presenti all’incontro, è emersa la questione del difficile rapporto con i figli adolescenti. “I ragazzi hanno bisogno di un paragone, di un termine di riferimento, anche di qualcuno che, all’occorrenza, dica no” – ha detto Rolando – “Certo non possono ammettere che il babbo e la mamma hanno ragione, è questa è per loro una continua sfida anche con se stessi. Noi adulti dobbiamo esercitare il ragionamento e la pazienza, anche nel misurare le parole!”.