Una rete indistruttibile e la perfetta letizia
La giornata di convivenza della Sicilia domenica 5 maggio a Messina, il racconto di Catia.
La giornata di Famiglie per l’Accoglienza in regione Sicilia si è svolta a Messina domenica 5 maggio, in compagnia del vicepresidente Massimo Orselli e dentro l’abbraccio paterno, carico di affetto, conferma e mandato, del Vescovo Ausiliare di Messina, S.E. Mons. Cesare Di Pietro.
Al mattino ci immergiamo nello sguardo e nelle parole degli amici che ci guidano tra le strade e il vento di Messina, tesi alla scoperta di alcune delle sue perle inestimabili.
Fermi sotto la torre dell’orologio della Cattedrale, si fa acuta nel cuore la domanda di che cosa possa veramente reggere l’urto del tempo, nel suo svolgersi fino ad un destino inevitabile di morte, tra le ingiustizie e le ferite – nostre e dei nostri figli – per circostanze spesso impossibili da vivere. Tra i rintocchi e i ruggiti del leone in cima all’orologio, tornano vere le parole di Machado: “Il mio cuore è desto, è desto. Nè dorme, nè sogna, guarda, i limpidi occhi aperti, segnali lontani e ascolta, a riva del grande silenzio”. Ed ecco venire dall’orologio, alle orecchie e agli occhi e subito al cuore, il canto di un gallo che saluta l’alba e il segno chiaro di una Chiesa che si erge a poco a poco dalla terra sabbiosa verso il cielo e di cui il cielo gioisce con un volo di colomba. È il santuario di Montalto ed è il santuario delle nostre famiglie, che Mons. Di Pietro indica nell’omelia come “la rete indistruttibile dove trovano accoglienza tanti figli e figlie” e dove le ferite diventano “feritoie dalle quali si sprigiona la luce del Risorto”.
Con la stessa pazienza di Gesù con Tommaso, gli amici messinesi ci portano davanti alla teca di Sant’Eustochia, la Santa “in piedi” canonizzata da Giovanni Paolo II nel 1988, il cui corpo incorrotto documenta -a tutti, oggi- Chi regge l’urto del tempo. A lei il popolo affida le gravidanze desiderate e quelle difficili. A lei affidiamo i nostri desideri di fecondità per noi e per i nostri figli.
Nel pomeriggio ci raccontiamo cosa impariamo nell’esperienza dell’accoglienza. Paolo Italia, responsabile regionale dell’Associazione, introduce Massimo Orselli e saluta il Vescovo, ed è subito clima di gratitudine, familiarità e condivisione. Come è possibile che le ferite diventino “quelle” feritoie? Annamaria rintraccia la via: “Mi faccio tante domande, di fronte alle mie ferite e a quelle dell’altro. Non sta a me chiuderle, chiuderei la porta a Dio. Le risposte non sono mai teoriche. La risposta è vivente, di Uno che si piega fino a me e mi abbraccia”. Massimo Orselli riprende: “Perché non solo Cristo è risorto, ma è vivo. C’è oggi”.
Interviene Domenico: “Per me ed Elisa nulla è scontato, è un continuo domandare. C’è una continua sproporzione e noi veniamo come montati e rismontati“. E Massimo: “la sproporzione la puoi vivere con la coscienza che un Altro compie. Oggi tu ed Elisa date il bene di cui questi figli hanno bisogno. Il compimento è nelle Sue mani”.
Laura ed Enzo, insieme ai loro quattro figli, hanno accolto Saliou, 18 anni, senegalese, e dicono che sia un regalo: “Per lui, che ha vissuto l’inferno libico, la vita è seria e ha costretto tutta la famiglia ad una serietà maggiore. Il valore dell’accoglienza è che cambia lo sguardo su tutto. Mi ha fatto riscoprire la vocazione di madre e mi ha resa capace di una tenerezza impensabile anche con mia madre”.
Palma testimonia come “L’accoglienza implichi l’amore alla libertà dell’altro”, amore che viene declinato da Tonino con le parole del canto Parsifal: “lottare… cercare dov’è il punto fermo tra le onde del mare, e questa isola c’è”. Dettaglia ancora Tonino: “E’ la Misericordia del Padre il punto fermo, sperimentata in una amicizia concreta. La Sua memoria accende il desiderio di trattare mio figlio adolescente con delicatezza. Sto imparando, in questo luogo, una cosa che si chiama attesa”.
Concludendo l’incontro, Massimo mette a fuoco cosa sia questo luogo incontrato nei suoi tre giorni di visita in Sicilia, così densi di sorpresa: “Questo è il luogo della preferenza di Dio per ciascuno di noi. Grati, chiediamo al Signore di renderci capaci di stare qui, con tutte le nostre domande”.
Ci salutiamo e ripartiamo per le diverse strade del ritorno a casa, con l’affettuoso abbraccio e la benedizione del Vescovo che ci ha chiamati “migranti dalla terra al cielo”. Fanno ardere il cuore le sue parole, suscitate dalla prima lettura della Messa domenicale (At, 40-41): “Vi auguro la perfetta letizia degli apostoli: quando vi sentite scarnificati avendo portato Cristo ai vostri figli, anche a quelli più difficili, questa è perfetta letizia”.
Catia Petta