News

Servire la vita nascente. Le sfide alla scienza e la bellezza dell’accoglienza

Servire la vita nascente. Le sfide alla scienza e la bellezza dell’accoglienza.

 

Giovedì 21 marzo 2019 presso il Salone dei Vescovi di Verona si è tenuto l’incontro Servire la vita nascente: le sfide alla scienza e la bellezza dell’accoglienza a cui ha partecipato per Famiglie per l’Accoglienza il Presidente Marco Mazzi.

Riportiamo di seguito una sintesi del suo intervento.

 

Parlare dalla bellezza dell’accoglienza è raccontare una avventura che ho visto e che è entrata nella mia vita e in quella di tanti amici.

C’entra con un imprevisto: un fatto fuori dalle nostre previsioni e immagini, in cui ci si imbatte e di cui si accetta la sfida, la provocazione.

Leonard Cohen, diceva che “ogni cosa ha una crepa ma è da lì che può entrare la luce”.

Di questa luce, abbiamo avuto testimoni d’eccezione, come Chiara Corbella o Caterina Morelli. Fatti eccezionali, quasi impossibili, vertiginosi,  ma reali: ci hanno detto e mostrato che la vita vera è quella di chi la dona.

Poi ci sono dei testimoni nascosti, come R. che ora stringe al seno felice il suo bambino, e tante altre che in  diverse difficoltà hanno detto sì alla vita, o come E. che, sulla strada, è rimasta incinta e non ha voluto abortire, ha chiesto aiuto, e non si arresa neanche quando è rimasta incinta del secondo figlio ed è stata subito abbandonata.

La storia di M. Teresa, di suo marito e della sua famiglia  che hanno una figlio con una malattia cromosomica, ma questo non gli ha impedito di affermare che “c’è un mistero grande in questa vita e ha cambiato la vita nostra e di tanti attorno a noi, e ci ha fatto crescere, il suo piccolo cuore, il suo sorriso semplice, la sua gioia di vivere ci mostrano in ogni momento che c’è Qualcuno in cielo che ci ama e si prende cura di noi”.

Due amici con un bambino con la sindrome di Down, alla giornata per la vita hanno detto:

“Io mai mi sarei aspettato che proprio a me potesse capitare una cosa del genere. Facevamo una vita normale, tutto filava per il verso giusto.  ‘Perché proprio a noi?’: questa è stata la prima domanda che ci siamo continuamente posti in quei giorni. E’ stato il primo impatto con la diversità.

“Avevamo pensato ad uno svolgersi degli eventi normali, come era sempre stato in passato, invece ci siamo imbattuti in qualcosa di totalmente inaspettato, imprevedibile. La prima cosa che ci siamo sentiti di fare in quei giorni, è stato cercare il confronto e il conforto di alcuni amici in particolare. Questi ci hanno aiutato ad affrontare quanto ci stava capitando, non come uno ‘svista del buon Dio’, quanto piuttosto come un’occasione per vivere più pienamente e fino in fondo la nostra vita.”

***

La bellezza dell’ accoglienza c’entra con un incontro e queste storie sono diventate possibili anche per noi, proposta e strada anche per la nostra vita, fino a condividerle nelle nostre case.

Come testimonia la storia di Daniela: una mamma che non ha voluto curarsi del tumore che aveva per non danneggiare il suo bambino in grembo e che è stata accolta da una nostra famiglia fino alla nascita e anche dopo, fino a quando è andata in cielo. A alla nostra amica che le chiedeva se non domandava mai il miracolo ha risposto:  “il miracolo c’è già; è questa amicizia accogliente tra noi.“

Quando ho incontrato Famiglie per l’Accoglienza, ho visto accadere quello che don Giussani ci ha detto:

“Il  Mistero che fa il mondo è Padre: il suo metodo di rapporto con la creatura è la familiarità; la familiarità nel senso più potente del termine, materno e paterno. Egli diventa presenza nella nostra compagnia. Ma questa presenza ha un accento, ha un incedere che stupisce: è il miracolo il Suo modo proprio di essere con noi. Ne capitano mille al giorno, se solo ci pensassimo. Che abbiamo coscienza del valore  infinito di ogni nostro gesto“.

 

Un altro bel esempio è la storia di Federica (nome di fantasia), bambina speciale adottata. La sua mamma adottiva ha scritto:

“Il nostro ‘SI’ a Federica è il frutto della nostra storia familiare. Tanti anni fa io avevo il  desiderio di aprire la casa. Dopo aver conosciuto una famiglia di Famiglie per l’Accoglienza, abbiamo potuto vedere e toccare con mano la bellezza di questa esperienza ed è iniziata la nostra ricca storia di accoglienza: ricca perché ci ha donato un gran bene. (diversi affidi) Le tante fatiche e i  tantissimi momenti belli ci hanno permesso di crescere ed arrivare alla soglia dei 50 anni grati e desiderosi di continuare a scoprire cosa ci regala ancora la vita! 

8 anni fa siamo stati contattati dal tribunale per vedere se nella nostra associazione c’era qualcuno disponibile ad adottare una bimba piccola con la sindrome di Down. Io ho detto sì di schianto, questa bimba era per me. Mio marito racconta sempre che quando gliel’ho proposto è stato semplice dire ‘Ma perché no?’. Tutta la nostra storia di accoglienza era stata un gran bene per noi e non c’erano ragioni adesso per dire che le cose sarebbero state diverse. Giulia è arrivata a 6 mesi e fra poco festeggiamo gli otto anni che è con noi. 

Il presentimento del bene che era stato ha preso carne. Sia noi che i nostri figli siamo totalmente innamorati di lei e credo che grazie a lei abbiamo potuto imparare tante cose. Lei ci ha insegnato a guardare, questo sguardo nuovo ci è servito per riguardare  i nostri figli, per il nostro lavoro, per la nostra vita! La nostra figlia grande che ora ha 25 anni dice sempre che Giulia è la più bella eredità che le possiamo lasciare”.

Come non citare anche la nascita di Benedetta, una bambina gravemente malformata, nata proprio oggi e vissuta il tempo di essere battezzata.

***

La bellezza dell’ accoglienza c’entra con un cuore educato a non ridurre l’ampiezza del proprio desiderio di bene, di significato, di verità.

C’entra con un cuore che vibra davanti a ciò che accade, all’uomo che incontra, un cuore che si lascia ferire e toccare, come mi hanno toccato i bambini della neonatologia del reparto per bambini “incurabili”, che vivevano poche ore o pochi giorni.  Mentre la vita di reparto correva aventi, io non riuscivo a non pensare a loro. Ricordo ancora i loro nomi. Perché mi toccavano? Il loro grido silenzioso a chi parlava? Io non potevo non chiedermi: “cosa vale davvero, cosa può valere davanti a loro? Davanti all’affetto ferito dei loro genitori?

Occorre un cuore educato alla profondità del suo desiderio e un incontro che mostri che quello che desidera è possibile, accade.

Per questo oggi il contributo più grande che possiamo dare è la testimonianza

Unica cosa che può avere la forza di intaccare il cuore dell’uomo oggi, qualunque sia la condizione in cui si trova, è accorgersi di uno sguardo diverso su di sé, accorgersi che per qualcuno la tua vita vale e vedere fatti di carità in cui la solitudine, il fallimento, la sofferenza, sono abbracciati.

Io sono figlio di tanti testimoni incontrati che mi hanno portato dalla rabbia alla gratitudine, dall’ angoscia al gusto della vita.

 

***

La bellezza dell’ accoglienza c’entra con la gratitudine.

Per quello che abbiamo ricevuto,  la prima evidenza (come ci ha detto tante volte don Giussani) è che io in questo memento non mi faccio da me stesso, la vita mi è data, io partecipo ad un dono.

Fatti, amati, salvati.

La mia storia: il Signore mi ha incontrato e accompagnato nella comunità cristiana, nella storia con mia moglie,  con i figli e con tanti amici è stato un avvenimento di quotidianità, di essere amato e riamato, custodito  e perdonato e nell’esperienza dell’ accoglienza tante volte ho rivisto il miracolo della Sua presenza (Claudia, Luciana,  Paola ….quanti esempi  di questo).

Una storia di storie sofferte e affascinanti in cui innanzitutto cambiavamo noi

Cosa le caratterizzava? Dei gesti pieni di gratuità e di accoglienza.

La gratuità è amore senza tornaconto, umanamente senza motivi, senza ragioni che la ragione capisce. La gratuità è l’ infinito che è ragione a se stesso.

L’ accoglienza è l’imitazione più grande che l’uomo possa vivere dell’ amore che Dio porta agli uomini, perciò dell’ amore stesso che costituisce la vita di Dio: una totalità di disponibilità di fronte a una totalità di presenza.

L’ accoglienza è il perdono della diversità. Perché sempre prima o poi si deve fare i conti con la diversità dell’altro che ci disorienta, a volte scandalizza, spesso ci ferisce.

L’accoglienza è qualcuno di estraneo che diventa come un figlio

“Il suo rompere tutti i nostri piano non ci pesa, perché ci è diventato caro”, ha detto una mamma affidataria di un ragazzo con una malattia seria, quando la sua presenza ha cominciato a rompere i programmi e i ritmi della vita.

Fabio e sua moglie hanno adottato un bambino tetraplegico:

“Il SI all’accoglienza, all’aprire le porte della nostra famiglia, è nato dalla bellezza intravista nell’esperienza di alcuni amici che già la stavano facendo. Una bellezza che desideravamo anche per la nostra famiglia. La disponibilità iniziale a capire di cosa si trattava, senza progetti e anche con un po’ di tremore, è proseguita con piccoli passi di approfondimento (con gli operatori, i servizi, il confronto con gli amici) attraverso i quali ci si rendeva sempre più evidente che quell’ipotesi era qualcosa di buono per noi. Il primo frutto di quei piccoli SI, che non sapevamo poi come sarebbero andati a finire, è stata la convenienza del vivere stando di fronte a ciò che accade, che ti viene incontro, piuttosto che al progetto pur buono che uno può avere sulla vita. La vita ha un respiro più grande. Si insinua nelle giornate la domanda ‘Signore, cosa vuoi dalla mia vita? Cosa hai preparato per me?’ La curiosità di scoprire la propria vocazione, di rispondere a una chiamata.

***

La bellezza dell’ accoglienza c’entra col miracolo del proprio cambiamento e della società , di un popolo che rinasce.

La prima persona che abbiamo accolto a casa nostra ha portato la sua ricchezza e poi si è intrecciata con noi per tutta la vita. Nell’ accoglienza ci è fatto un grande dono: fare l’esperienza della presenza di Dio. Nelle pieghe del nostro ‘SI’, nelle fatiche di ascoltare l’altro con la sua diversità, che a volte ci ferisce, nella continua riscoperta del dono che è la nostra famiglia di cui lo rendiamo partecipe, nell’unità tra marito e moglie e con i figli, nel dialogo e nel perdono, nell’umiltà e anche nel continuo inginocchiarci e affidare una storia e delle fatiche più grandi di noi, noi facciamo continuamente l’esperienza della familiarità con la presenza di Dio.  La prima ragazza madre che abbiamo accolto, una sera, piangendo, dopo aver sentito raccontare l’episodio della Maddalena del Vangelo, ha detto ‘Non avevo mai sentito dire queste cose, allora c’è una speranza anche per me’.”

 

Un amico che ha adottato un bambino con handicap, abbandonato in istituto, ha scritto :

“Siamo stati ‘tirati dentro’, trascinati. Il suo sguardo ci ha conquistato e ora ha riempito la nostra vita e siamo felici. Un fatto accaduto fuori dagli schemi
, perché DA DUE VUOTI (il nostro e il suo), ora è sorto UN PIENO: la nostra unità e pienezza familiare. NON ha nessun fondamento logico. È divino.”

Dopo un anno della prima accoglienza io e mia moglie avevamo scritto: “A volte abbiamo l’ impressione di dover ricominciare da capo, eppure la bellezza è il presente, non cambiati da un incontro donato, fatti strumenti del disegno del Creatore sulle Sue creature nonostante i nostri limiti resi più veri, più appassionali alla vita più vicini al significato di tutto vivendo queste circostanze.”

 

La famiglia è luogo di accoglienza totalizzante e questo è chiamata a testimoniare nel mondo.

Dio ha affidato alla famiglia il compito di rendere domestico il mondo, affinchè tutti giungano a sentire ogni essere umano come un fratello“  (Papa Francesco)