Emmanuele Silanos: “Perché vale la pena esserci? Solo l’amore crea”.
Il 20 gennaio 2019 a Padova presso l’Istituto Don Bosco si è tenuta la giornata regionale di Famiglie per l’Accoglienza del Veneto, con la testimonianza di Don Emmanuele Silanos, Vicario generale della Fraternità di San Carlo Borromeo e missionario per sette anni a Taiwan.
Dopo l’introduzione di Silvia, che ha richiamato il filo rosso di quest’anno con le tre parole: contemplare, accompagnare, promuovere, ha preso la parola don Emmanuele Silanos. Partendo dal titolo dell’incontro: “Solo l’amore crea”, ha sviluppato la risposta alla domanda: “Perché vale la pena esserci, perché vale la pena che io ci sia, che io esista?”, attraverso tre accenti.
Il primo: la gioia più grande della vita: essere figli! Cioè, se la paura più grande è essere orfani, la gioia più grande è essere figli! La vita dell’uomo consiste nel fatto di essere amato; io ci sono perché c’è qualcuno che mi vuole bene. Se non c’è qualcuno che mi ama adesso, la mia vita non ha senso. Tutta la storia di Cristo è questa: restituirci e ridonarci il fatto di essere figli di un Padre buono che ci ama ancora.
Il secondo: essere padri e madri. L’esperienza di essere figli ti fa desiderare di essere padre e madre, e questo desiderio è di ogni uomo al mondo, anche di chi non è chiamato per le ragioni più svariate a generare figli carnalmente; il desiderio di essere padre e madre, di portare frutto dentro la vita, che la vita abbia un senso per qualcuno e che sia feconda, ce l’ha ciascuno di noi.
Il terzo: Cosa è consegnato a ciascuno di noi? L’immagine a cui dobbiamo guardare è la famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Quel figlio non era loro, di nessuno dei due, eppure è stato chiesto a loro di generarlo, di farlo crescere, di farlo maturare. Un figlio porta con sé il temperamento dei suoi genitori, viene cresciuto con le caratteristiche dei suoi genitori e prende qualcosa dai loro caratteri. Perché è vero che Gesù era Dio, che sapeva tutto, ma la vita l’ha imparata dai suoi genitori, le buone abitudini le ha imparate dai suoi genitori, e certi aspetti del suo carattere sono quelli dei suoi genitori. A noi è dato lo stesso, a noi è stato consegnato Cristo, è stato consegnato Gesù, da accogliere, educare, farlo maturare nella nostra vita, e da portare dentro nella realtà.
Lo sviluppo del tema è stato accompagnato dal racconto di toccanti testimonianze, come quella di un bimbo cinese abbandonato immediatamente alla nascita, che a due anni non sapeva né camminare né parlare, ma, adottato da un amico italiano, a cinque anni ha imparato a fare tutto, e tutte le mattine si alza, va nel lettone dei genitori, prende il lenzuolo, se lo mette in testa, poi lo tira giù e dice: “Ecco sono nato! Ciao papà ciao mamma!”; o quella di don Vincent, che ha avuto l’ occasione di accompagnare per qualche mese Dj Fabo, che continuava a dire a Fabo e ai suoi familiari e amici che la sua vita valeva: la tua vita vale finché c’è qualcuno che ti vuole.
Rispondendo alle domande, ha poi esemplificato: che la felicità non è nelle immagini che rischiamo di farci – es. sulla famiglia, o sulla carriera,ecc. – ma nel riconoscere e godere della grazia che abbiamo ricevuto; che ciò su cui contare nelle scelte importanti, come decidere di generare un nuovo figlio o decidere di trasferirsi all’estero per lavoro, è la comunione fra i due, marito e moglie; che non bisogna preoccuparsi del dopo, cioè di come permanere nella disponibilità del cuore dopo che il miracolo è passato, perché il metodo rimane lo stesso, e occorrono, come per Zaccheo, due cose: salire sul sicomoro, e che il Signore passi.
Dopo la messa e il pranzo conviviale, nel pomeriggio lo spettacolo teatrale sulla vita di Sant’Antonio, per bambini e adulti, con Padre Marco Finco, e per i genitori adottivi un proficuo incontro di confronto e sostegno reciproco.