“Abbracciare quello che ti viene dato”.
Storia di una grande famiglia. Tiziana e Claudio Caggioni ne hanno una così, anche per le dimensioni: cinque figli naturali, una figlia adottata, l’esperienza della disabilità del più piccolo. Hanno raccontato il loro percorso familiare a Firenze, in occasione della giornata di convivenza dell’Associazione, a partire dal tema del ‘filo rosso’ dell’Associazione, “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.
Tiziana e Claudio si sono sposati giovanissimi, e hanno fatto propria la raccomandazione di don Fabio Baroncini (il sacerdote che li ha sposati) di “tenere sempre viva la memoria di quel sì iniziale, a cui tornare con fedeltà quando ci si sente un po’ persi”. “Fin dall’infanzia abbiamo ricevuto il dono della fede, la possibilità di trovare un significato nella vita. Di fronte ai nostri figli abbiamo testimoniato questo, nel rispetto della loro libertà – racconta Claudio. Mi sono accorto che considerare il comportamento dei nostri figli come ‘prova’ di quanto siamo bravi a educare è sbagliato: questo uccide la loro libertà e ci mette in una posizione ‘non centrata’. Il rispetto della loro libertà è fondamentale, anche quando i figli non corrispondono ai nostri progetti”.
Claudio è agronomo e all’inizio degli anni ’70, pensa di sposarsi e partire per l’Uganda con Tiziana per un progetto di cooperazione allo sviluppo. Il progetto non si realizza, viene data loro la possibilità di andare a Gubbio dove Claudio inizia a lavorare in una azienda agraria. Poi la nascita di tre figli e in seguito l’accoglienza di un figlio difficile. Un’esperienza che negli anni li ha impegnati con fatica.
“Di fronte ad alcune difficoltà quello che ha fatto la differenza non è stato solo l’aiuto dal punto di vista tecnico professionale, che pure abbiamo ricevuto – sottolinea Tiziana – quanto il sostegno ad imparare come affrontare tutte le circostanze, come guardare alla vita”. E la vita “E’ qualcosa da abbracciare”.
A dieci mesi Giovanni, il figlio più piccolo nato con la sindrome di Down e cataratte congenite, è ricoverato per un’infiammazione cerebrale. “Quando finalmente risponde alle cure, i medici dicono che solo dopo anni si potrà dire guarito. Ho capito in quel momento – racconta Tiziana – che cos’è il ‘sì’ di Maria. Non si tratta solo dell’accettazione di quello che accade, per poi farci in qualche modo l’abitudine. Il vero passo chiesto dalle circostanze è abbracciare quello che ci viene dato. Con il dolore non si può essere contenti, ma lieti sì, anche se la ferita è grande”.
Così nasce, in seguito, anche l’esperienza degli “Amici di Giovanni”, famiglie con figli che hanno disabilità, che partecipa al cammino di Famiglie per l’Accoglienza. Claudio: “Da diversi anni facciamo insieme delle minivacanze. La parte più significativa per me è vedere come le famiglie stanno insieme con i loro ragazzi. La vita quotidiana è una testimonianza che coinvolge e muove anche chi non vive le stesse esperienze con la disabilità”.