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Qualcosa è cambiato. In me

Mercoledì 29 novembre a Buccinasco si è svolto nel salone della Scuola Materna Parrocchiale l’incontro “Accoglienza: un bene per tutti”
Durante il giorno io mi sono scoperta emozionata, per aver invitato gli amici di Famiglie per l’Accoglienza – che ho avuto il dono di conoscere facendo il mio lavoro di segretaria – nel luogo dove vivo. Lo ricordavo a tutti gli amici che incontravo e con cui parlavo al telefono: “Stasera c’è l’incontro, all’asilo, ci sei?”

Buccinasco, nelle sere d’inverno, è un paese deserto: per uscire di casa ci vuol un ottimo motivo. Ore 20,45 Gabriella e Luca, Francesca e Carlo sono già davanti al cancello dell’asilo, mentre la mia amica Flavia e suo marito scaricano le scatole con libri e dispense. E poi, alla spicciolata, arriva la gente: non tutta quella che mi aspettavo, non tutti quelli che mi avevano detto che erano interessati (gli imprevisti sono all’ordine del giorno!), ma tante coppie, singoli, alcune famiglie che hanno già aperto la propria casa all’affido dopo aver incontrato Famiglie per l’Accoglienza e altri invece Cometa , un’associazione cattolica di Como di famiglie affidatarie. Perchè – come mi diceva una di loro il giorno dopo- “quando sperimenti una convenienza nell’accogliere, poi continui a cercare, sei curioso”.

Poi Tito – l’amico del Circolino di Buccinasco, l’associazione che ha organizzato l’incontro – introduce la serata spiegando che ciò che in lui aveva destato interesse, leggendo Il miracolo dell’ospitalità (il libro che raccoglie i dialoghi di don Luigi Giussani con Famiglie per l’Accoglienza) , era il fatto che l’accoglienza non riguarda solo chi accoglie in casa un bambino in adozione o in affido, ma è una possibilità nuova di rapporto con chiunque: con la propria moglie, coi figlio, col collega.

Si susseguono le testimonianze di Gabriella e di Luca, che hanno scoperto l’accoglienza offrendo ospitalità a una collega che abitava lontano, nel loro primo anno di matrimonio. Dalla pienezza intuita in questa piccola esperienza è nata la domanda sulla loro vocazione, fino all’adozione del loro primogenito. Il racconto è proseguito fino all’accoglienza dell’ultima ragazza che ha abitato per un anno a casa loro: per alcune settimane l’hanno aspettata ogni sera per cenare, anche quando lei –senza avvisare – arrivava dopo le nove! Finchè una sera Gabriella le ha detto: “Avvisaci se non torni, perché per noi non è lo stesso che tu ci sia oppure no: noi ti aspettiamo”. E lei risponde, stranita: “Nessuno mi aveva mai aspettato!”.

Segue il racconto di Francesca, che dopo aver custodito per anni il suo desiderio di aprire la propria casa all’accoglienza senza che il marito Carlo lo condividesse, si è vista proporre da lui di ospitare per le vacanze estive un ragazzo ucraino, insieme alle altre famiglie dell’associazione che hanno partecipato al progetto Figli della speranza. Questa breve accoglienza ha mosso tutta la famiglia, tanto che i figli grandi hanno deciso di andare in vacanza con loro, sostenendoli e condividendo questa accoglienza.
Una serata semplice, ma vera: “Questo livello di racconto a me interessa” mi ha detto un amico il giorno dopo. E sono seguiti tanti messaggi di persone che ringraziavano della bellezza vista.
Io ne sono uscita più consapevole della ricchezza che è per me l’esperienza delle famiglie che già vivono l’accoglienza e che – per ora- servo con il mio lavoro.

Vera