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Keti: “Nell’accoglienza ‘il tempo del germoglio’ lo conosce il mio Signore”.

Domenica 8 ottobre il gruppo di Famiglie per l’Accoglienza del Veneto si è ritrovato come da tradizione per l’inizio anno ad un pellegrinaggio a Chiampo, in provincia di Vicenza, dove il beato Claudio Granzotto ha ideato una grotta in tutto simile a quella di Lourdes (nella foto).

Prima della messa abbiamo chiesto l’amorevole abbraccio della Madonna con un rosario recitato lungo la suggestiva Via Crucis del santuario. Qui alcuni canti ci hanno ricordato, come ha detto poi Keti, che noi vorremmo vedere subito la fine della nostra attesa, il risultato della nostra fatica, ma ‘il tempo del germoglio lo conosce il mio Signore’.

Al termine della celebrazione, la giornata ci ha riservato una prima grande sorpresa: una suora energica e appassionata ci ha illustrato il mosaico posto dietro l’altare. Qui il Cristo con il dito puntato verso l’alto ci richiama al fatto che siamo fatti per l’infinito mentre la forma a conchiglia della Chiesa ci ricorda che la perla nasce da una sofferenza della conchiglia, perché il granello di sabbia che entra la fa piangere; e questa lacrima avvolge il granello di sabbia generando la bellezza della perla.

Dopo il pranzo insieme, la giornata ci ha riservato dei nuovi bellissimi doni con le testimonianze di Keti, Anna, Marco e Cristina.

Keti ci ha raccontato della pienezza che hanno provato lei e suo marito con l’arrivo in affido di Elisabetta. Anna si è commossa al raccontare di come suo figlio “che non piange da quando ha 6 anni” è tornato a casa commosso fino alle lacrime per la vicenda di un extracomunitario incontrato per caso in autobus. Questo ha messo in gioco Anna e suo marito vincendo ogni pregiudizio. Lei, ci ha detto, si è ritrovata ad “accogliere in un modo che non era il suo”.

Cristina e Marco hanno infine raccontato la loro lunga strada verso l’adozione. Lei ha parlato della “carezza” del Signore che ha consolato e consola le sue paure e le sue fatiche e che vuole il suo sì esattamente così com’è, con tutti i suoi limiti. E del suo sentirsi inadeguata. Il Signore “sembra proprio aver voluto quei limiti per il Suo scopo più grande”.

Marco, suo marito, ci ha detto che si ricorda ancora di quando, ormai diversi anni prima, Cristina gli ha detto: ‘Se iniziamo questo percorso, lo facciamo per una pienezza e non per una mancanza’. Insieme ci hanno testimoniato che questa pienezza è possibile anche lungo il cammino, a prescindere dall’esito. Che può essere anche incerto e misterioso.

Dopo la commozione di queste testimonianze, un ultimo dono inaspettato: una suora del santuario ha fatto dono ad ognuno di noi di un Tau francescano ricordandoci che è l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico, quella con cui san Francesco si firmava sempre a memoria del crocifisso. Durante la schiavitù d’Egitto l’angelo del Signore passò ad uccidere tutti i primogeniti ma, con quella stessa lettera, le famiglie ebraiche segnarono la porta delle loro case con il sangue dell’agnello a protezione delle loro case. Quest’ultima “carezza” del Signore ha accompagnato il nostro ritorno.