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“Fatti di misericordia”. Al lavoro sull’esperienza

 Non è possibile recuperare la fuga dalla famiglia facendo discorsi “sulla” famiglia, ma solo facendo esperienza, e dando testimonianza, senza tacere le difficoltà, anzi, proprio mostrando che nelle difficoltà è possibile una crescita.

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Questo è uno degli spunti di riflessione offerti da Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere,  intervenendo al seminario  annuale dei responsabili di Famiglie per l’Accoglienza (Castelnuovo del Garda, 2-4 dicembre). Scholz ha dialogato con Marco Mazzi che gli ha chiesto, fra l’altro, di mettere a fuoco quale sia il valore pubblico dell’esperienza dell’Associazione. E’ un frutto maturo di un cammino di oltre trent’anni e, nello stesso tempo, “un germoglio di socialità nuova che va testimoniato, fatto conoscere” ha detto Scholz. “Anche quel che avviene nel nascondimento vale per il mondo, ha un valore per tutti”.

Anche Gigi De Palo, presidente nazionale del Forum delle famiglie, che ha portato un saluto al seminario, ha sottolineato che “la vera sfida oggi è raccontare la famiglia in modo diverso – ha detto -. Se mi sono sposato con mia moglie non è perché l’ho imparato da qualcuno, è solo perché incontrando e vedendo una famiglia in particolare ho desiderato essere come loro. Questo è contagioso, mentre non aiuta l’approccio moralistico”.

E proprio di esempi vivi (o, per usare lo stesso titolo del seminario, “Fatti di misericordia”) è stato ricco l’incontro, che ha documentato il percorso delle famiglie dell’Associazione, negli aspetti dell’apertura, della creatività e della sistematicità – le parole chiave scelte come filo rosso per la tre giorni e per il lavoro dell’anno sociale. Incontri di formazione congiunta tra operatori sociali e famiglie a Verona, un’iniziativa a Udine per mettere a tema nella scuola le esigenze dei ragazzi adottati, i corsi per le famiglie in attesa di cominciare il percorso adottivo a Rimini, la crescita del rapporto con i vari interlocutori istituzionali dell’affido a Milano, o ancora la partecipazione al progetto profughi e una nuova collaborazione con la Caritas milanese. E, naturalmente, le tante testimonianze personali generate dall’accoglienza familiare.

“Il bisogno che incontriamo è un mare, tanto grande da far venire i brividi, per la sproporzione tra quello che c’è e quello che posso fare – ha detto Marco Mazzi -, ma continuiamo a dire il nostro piccolo sì nascosto, prezioso, che può costruire un piccolo pezzo di paradiso”.

All’inizio e a conclusione del seminario due ospiti speciali, Mons. Francesco Braschi, direttore della classe di slavistica della Biblioteca Ambrosiana e suor Gelsomina Angrisano superiora generale della Congregazione delle suore di Carità dell’Assunzione, due religiosi che hanno accompagnato famiglie nella loro esperienza.

Braschi, oltre a seguire da quasi trent’anni  famiglie adottive nel loro percorso,  ha vissuto questa esperienza anche in prima persona, con due fratelli adottivi: “L’incontro con Famiglie per l’Accoglienza non è basato sul fatto di essere un esperto in grado di dare consigli, quanto sul cammino che posso fare: sento con voi la sintonia forte con un pezzo importante della mia vita”. Braschi ha sottolineato che “Famiglie per l’Accoglienza è un carisma, cioè un dono, che mostra qualcosa di cui c’è bisogno. La testimonianza delle famiglie adottive  è indispensabile anche per coloro che hanno figli naturali: la maternità e la paternità adottive hanno dentro di sé un accento che più ricorda la caratteristica oblativa della genitorialità”.

Mazzi e Braschi

Marco Mazzi e Francesco Braschi

Suor Gelsomina appartiene ad una congregazione che ha come missione specifica l’assistenza alle famiglie, a domicilio, sia dal punto di vista sanitario, che educativo e lavorativo. “L’accoglienza per me parte da un punto preciso, la mia vocazione. Obbedire è la cosa più bella del mondo e detta un metodo per tutto, anche nello stare in famiglia. Non si può organizzare l’altro, né togliere i suoi problemi. Si può ‘stare’ e basta. La cosa più conveniente è affidarsi al Signore e allearsi con l’imperfezione. La nostra imperfezione si allea con quella di chi accogliamo”.