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Rientrati a Kiev e a Kharkov i “Figli della Speranza” ospitati presso le famiglie italiane

Con il sostegno amicale delle comunità ortodosse di Milano e di Varese, il progetto “Figli della Speranza” è giunto al suo epilogo: rientrati a Kiev e a Kharkov i minori ospitati durante l’estate presso le famiglie italiane

Non si capiva se piangessero di più i piccoli o i grandi: è stato un momento di grande commozione, che ha coinvolto perfino alcune hostess di terra dell’aeroporto, che hanno fatto spazio nelle proprie corsie per l’ingresso dei bagagli affinché le foto di gruppo potessero prendere proprio tutti!

Con il cuore pieno come le le loro valige sono tornati alle loro abitazioni provvisorie i 48 figli di profughi e di militari delle zone orientali dell’Ucraina, dove una guerra mai dichiarata e ben poco conosciuta non cessa di uccidere infidamente e di dividere un popolo.

Con il sostegno amicale delle comunità ortodosse di Milano e di Varese, il progetto “Figli della Speranza” è giunto al suo epilogo lasciando nei cuori e nelle menti la domanda più naturale: come continuare questa bella amicizia, così inaspettatamente cresciuta tra famiglie e tra bambini e ragazzi di Kiev, di Kharkov, di Donesk, di Milano, di Bergamo, di Varese, di Como?

 

“L’affezione che si è creata tra famiglie italiane e bambini ucraini – ha raccontato Giorgio uno dei responsabili italiani del progetto – è motivo di speranza per le loro stesse famiglie: ecco il perché del nome ‘Figli della Speranza’. Le famiglie italiane hanno chiesto infatti di continuare a vedersi e di avere notizie in corso d’anno da questi loro nuovi ‘figli d’Ucraina’ e dalle loro famiglie. E così la vita chiede di continuare, non si sa bene ancora come, questo rapporto di amicizia tra cattolici e ortodossi che inaspettatamente è cresciuto tra tutti coloro che sono stati coinvolti nel progetto: le famiglie d’accoglienza come gli operatori volontari che hanno costruito la trama dei rapporti gettandosi dentro di essi in prima persona”.

Ne sono nati momenti stupendi, come al Meeting di Rimini, prima con le testimonianze allo stand di Famiglie per l’Accoglienza, poi con una spettacolare assemblea alla sala del Tiglio, nella quale ogni aspettativa organizzativa è stata superata quando uno, poi due, poi ancora molti altri bambini e ragazzi ucraini hanno preso il microfono senza paura davanti a più di cento persone, per raccontare la bellezza di una nuova amicizia fiorita nelle loro famiglie italiane e facendo ad uno ad uno i nomi di tutti i nuovi fratelli e i genitori di accoglienza; o come l’ultima domenica prima della partenza, quando spontaneamente più famiglie si sono date appuntamento al cimitero Monumentale di Milano per pregare sulla tomba di don Luigi Giussani: da lì, dopo un pic-nic al parco Sempione, via verso il Duomo per passare la Porta Santa e poi subito verso la chiesa ortodossa, dove padre Amvrosij Makar e la sua comunità  hanno accolto i ragazzi ucraini nel corso della festa ortodossa della Dormizione di Maria. Ne è nata un’assemblea con le famiglie, di riflessione comune sul significato educativo del progetto. “Innanzitutto ad essere educati dentro a questa esperienza siamo noi adulti”, ha sottolineato padre Amvrosij.

“E’ un’esperienza che ti apre il cuore e ti cambia senza volerlo”, ha commentato Marcone, un padre di accoglienza che ha tutto l’aspetto di un gigante buono, “insomma: una cosa dell’Altro mondo!”. E intanto dall’Ucraina già gli scrive la nonna di Angelina: “L’incontro con la vostra famiglia e il vostro paese è stata un’esperienza dal valore infinito, che le rimarrà nell’anima per sempre. Io sono impressionata dalla vostra decisione di accogliere nella vostra famiglia una ragazza sconosciuta, grazie mille per l’incredibile estate che avete regalato a mia nipote”.

Qui articolo precedente: racconto dell’arrivo dei “Figli della Speranza” in Italia