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Racconto dell’incontro del Gruppo Adozione, 9 aprile a Varese

I nostri figli non sono “nostri”, ma voluti da un Altro e affidati a noi: un’occasione o una sconfitta? Raccontiamoci se è possibile liberarci dall’esito. E’ possibile passare dal fare il tifo per il bene di nostro figlio a fare il tifo per il nostro figlio? Riflettendo su questi spunti, nel gruppo Adozione, alcune mamme hanno comunicato le loro reazioni di fronte alla prospettiva della bocciatura dei figli.

Così ha raccontato una mamma: “Sono andata ad un incontro con i professori di mio figlio e mi ero un po’ depressa perché dai colloqui è emersa la prospettiva di una sua bocciatura. Un’insegnante però mi ha detto che non rinunceranno a lavorare con il ragazzo per vedere di migliorare la sua situazione. In quest’ultimo mese ho guardato mio figlio non più secondo la prospettiva della bocciatura, l’ho abbracciato e questo mi ha messo in una posizione diversa nei suoi confronti. Davanti al fatto che anche il mio sta rischiando la bocciatura, mi sono resa conto che la scuola era l’ultimo dei miei problemi. Era importante che io recuperassi il rapporto tra i miei figli e la mia persona. Da quando ho smesso di metter davanti i problemi e ho invece anteposto la loro persona, l’aria in casa è cambiata e i rapporti sono migliorati tantissimo. Per noi l’importante è diventato l’accettazione nei loro confronti, prima dei risultati scolastici”.

IMG_20160409_182033_01 Ci si lascia condizionare -aggiunge un’altra mamma- perché pensi che loro non ce la facciano. Allora cerchi di cambiarli, di forgiarli come vuoi tu. Ti domandi: “Ma sono fatti bene?”. E’ una grossa occasione che le mie figlie siano di un Altro, perché è Lui che provvede a loro, rendendomi libera dall’esito. Basta, comunque, un istante per tornare alla pretesa, avendo in mente tutti i passaggi che, secondo me, devono fare per raggiungere questo “bene”. E’ qui che mi accorgo di sostituirmi a quell’Altro, di cui dico di aver fiducia”.

Un papà che, negli incontri precedenti, si sentiva trattato ingiustamente perché il figlio adottato non era come lui avrebbe desiderato, ha testimoniato il cammino fatto con la nostra compagnia: “Ora non lo guardo più con la pretesa che sia in un certo modo, desidero solo che lui sia felice”.

L’incontro è terminato con la partecipazione ad una serata in ricordo del nostro amico Roberto, organizzata dal coro di cui faceva parte da 40 anni. I nostri ragazzi, attentissimi in prima fila, erano lì a testimoniare, nella maniera più semplice e più chiara, che ciò che colpisce sono la bellezza e la speranza, vissute anche dentro il ricordo di un amico che non è più fisicamente con noi.

Maggio 2016