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La sfida dell’accoglienza raccontata da chi la vive. L’evento del 21 aprile a Milano

Accoglienza, strada di libertà. La sfida dell’accoglienza raccontata da chi la vive.
L’evento pubblico del 21 aprile ed il racconto di Giorgio

Nella sera di giovedì 21 aprile, l’associazione Famiglie per l’Accoglienza ha proposto presso l’Auditorium Giovanni Paolo II° un incontro dal titolo “Accoglienza, strada di libertà”. Ha condotto l’assemblea don Antonio Anastasio, della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, che durante la sua missione in Spagna ha fondato a Madrid un’opera di accoglienza per i senza-dimora. Nella serata alcune famiglie che praticano le accoglienze più varie hanno posto domande a don Anasatasio a partire da brevi racconti di vita, dai quali trapela il fascino e insieme il dramma di accogliere la diversità nella propria famiglia.

Racconta per esempio Massimo, padre di due gemelle, una delle quali è affetta da tetraparesi plastica: “Abbiamo incontrato un bene nella nostra vita, attraverso la compagnia cristiana. L’esperienza di nostra figlia in questi anni è sempre stata la possibilità di dire sì agli accadimenti. Ma in quest’ultimo periodo le circostanze hanno reso la cosa più difficile. Capita di non dormire la notte. Il desiderio, che è fatto per l’infinito, è come se venisse meno, si anestetizzasse”.

don-antonio-300x179 Qui alcuni spunti dell’intensa riflessione di don Anastasio nella serata: “Tutti abbiamo la difficoltà di cercare la nostra autonomia. Siamo in una società individualista: più sei indipendente più si dice che sei un uomo maturo. Ma questa  ideologia rende soli: così l’esperienza della sofferenza non trova nessun appoggio, le decisioni sono solo tue. Questa esperienza di solitudine è colmata solo da chi ha il desiderio. Vogliamo uscire dalla dipendenza, ma la gioia è entrarci. Questa dipendenza non è una condanna, ma c’è qui un punto in cui niente ti può portare via da ciò che sei”.

“Il luogo di comunione che è la vostra casa è la cosa più importante”, ha detto don Anastasio alla madre affidataria di un ragazzo di 14 anni: “alle volte siamo preoccupati di tante cose, ma in un rapporto di amore vero tutto è per educazione. Quando uno entra in un luogo così fa questa esperienza. Don Oreste Benzi parlava di un ragazzo salvato dalla droga, che stava in una Casa-famiglia. Un giorno il ragazzo gli scrisse, raccontando della casa. Diceva che ora faceva anche la comunione. Don Benzi chiese allora che cosa fosse successo. Inaspettata fu la risposta del ragazzo: vedo che tutti i giorni la mamma imbocca la bambina con la schiena bifida, e vedo anche che prega tutti i giorni. Allora anch’io ho voluto farlo”.

Don Anastasio ha citato in proposito  Jean Vanier, fondatore della Comunità dell’Arche, che accoglie persone disabili: “Accogliere è un segno di maturità umana e cristiana. Non è solo aprire la casa a qualcuno, è fare spazio nel proprio cuore, perché possa esistere e crescere. Uno spazio nel quale uno si sente accettato così com’è, con le sue ferite.  Se il cuore non è calmo, non può accogliere”.

Come nel caso di Beppe, padre di un ragazzo adottato, ora adolescente, che mette a fuoco il tema della serata, la libertà: “Più diventa grande, più mi rendo conto che il rapporto con mio figlio mi chiede un cambiamento. Qui però ho Famiglie per l’Accoglienza, che mi aiuta a crescere nel rispetto della libertà di mio figlio: ho un altro davanti a me, e per crescerlo io devo cambiare. Non che possa fare quello che vuole, ma quando lo guardo così, lui se ne accorge”.

La libertà, inoltre, è sempre interpellata dall’unità, tra i coniugi e tra le famiglie: “Le persone con cui ti incontri sono colpite dall’unità che tu hai con altre persone. Per costruire un’opera di carità, ha concluso don Anastasio, bisogna vivere un’opera di comunione”.

Giorgio

Milano, 28 aprile 2016