News

Essere genitori, un percorso difficile per persone imperfette

«Non so da dove vengo e non so dove vado – Come affrontare l’adolescenza dei figli adottivi» è il titolo della giornata regionale del Veneto che è tenuta domenica 7 Febbraio 2016 nel convento di San Daniele a Lonigo  in provincia di Vicenza. L’occasione ha reso possibile l’incontro con Anna Campiotti Marazza.

160207 Campiotti Marazza Veneto (4) «Se devo essere sincera, in questo momento provo rabbia e paura. Ma devo guardare dove mi trovo in questo momento, non dove vorrei essere, altrimenti non potrò mai riprendere a camminare». Alcune lettere di madri adottive, lette da Nazzarena Filippini, aprono l’incontro regionale del Veneto di domenica 7 febbraio. «Non so da dove vengo e non so dove vado», il titolo dell’incontro. Uno smarrimento tipico di tanti figli, ma che a volte può prendere anche i genitori.

«Siamo realisti, nessuno si merita un figlio o è capace di generarlo», è la spiazzante risposta di Anna Campiotti Marazza, psicologa e psicoterapeuta milanese che di figli – adottivi e no – e genitori in crisi ne ha visti tanti. «Le mamme capiscono dopo trent’anni che il bambino è “altro”, è “fuori”. Non è più parte di me. E comunque è sempre possibile un rischio ancora più grande, che quel figlio sia lì per colmare un vuoto, perché si sente il bisogno di avere qualcuno dentro. E pertanto come madri ci possiamo sentire autorizzate ad “entrare dentro” il figlio. Ma non ci si può aspettare da un figlio la completezza di me. E attenzione, lo stesso vale con il marito o la moglie. L’idea dell’“altra metà della mela” è un tranello. Poi l’altro non ce la fa a metterci quello che mi manca e si vive dentro una delusione».

Spesso, osserva la psicologa, i bambini entrano nelle nostre famiglie e capiscono che non ce la faranno mai. «La maggioranza di loro hanno le mani avanti. Si domandano: ma c’è davvero lo spazio per me? Posso essere me stesso dentro qui? Rischiamo di costruire scatole dorate e inzuccherate, troppo strette per un uomo». E la resa dei conti avviene normalmente nell’adolescenza, «un passaggio brevissimo, in cui un bambino in breve diventa uomo. Lui ha voglia di mettersi alla linea di partenza. Ma molti di loro davanti al muso della loro macchina hanno la mamma e il papà. In realtà crescere è un’avventura bellissima, in cui con molto rischio loro devono sganciarsi da noi». Per questo, aggiunge la relatrice, «ai genitori – adottivi e no – dico sempre: mani dietro la schiena, via quelle mani dalla testa degli adolescenti, anche se a noi verrebbe voglia di stargli più addosso».

Di cosa hanno bisogno allora i figli nell’adolescenza? «Di un adulto che gli dica che così come sei vali, ho stima, facciamo il tifo per te. Allora dobbiamo guardare insieme con loro le loro fatiche. È una compagnia. La genitorialità è un percorso difficile, ma fatto per persone imperfette come noi. Bisogna fermarsi, sedersi vicino a loro e dirgli: sapessi quante volte è capitato anche a me. I ragazzi devono incontrare la vostra umanità, non la vostra pretesa».

I figli infatti «hanno bisogno di staccarsi da voi per poter diventare davvero figli. Tornano tutti, quindi attendeteli, sarà il ritorno di un figlio che riconosce i limiti dei genitori. Questo lavoro voi lo sapete fare, soprattutto se vi farete aiutare. Ma non fermatevi davanti alla fatica. Non spaventatevi. Non abbiate paura dei figli. Con serenità fategli vedere cosa siete. Le battaglie non devono mai diventare una guerra».

Alcune immagini dell’incontro (anche su http://bit.ly/1LiGvrN)