Che cosa vuol dire ” Tu sei un bene per me”?
Che cosa vuol dire “Tu sei un bene per me”? E come si può affermarlo davvero in famiglia, quando i rapporti sono faticosi? A partire da queste domande – che hanno preso spunto dal titolo del Meeting per l’amicizia dei popoli 2016 – si è svolta l’assemblea nel corso della giornata di convivenza di Famiglie per l’Accoglienza Regione Toscana, a Prato domenica 25 ottobre.
“Se guardo mio marito è più immediato riconoscere che lui è un bene per me – ha detto Rossana, mamma affidataria – con i miei figli non tanto. Mi sono accorta, però, che di fronte a loro sono libera e serena solo nel momento in cui li affido a un Altro, che per primo accoglie me e loro. Allora capisco – ha sottolineato – che sono un bene per me, perché grazie a loro raggiungo questa coscienza. Si tratta di un riconoscimento che nasce da un lavoro continuo, di un giudizio che dà origine alla ricerca di questo bene”.
Un lavoro per aiutarsi a guardare situazioni familiari difficili, a causa di un figlio e di un parente disabile o malato, è anche quello nato nell’Associazione in Toscana, da tre anni, con un gruppo specifico che coinvolge chi ha a che fare con la fragilità. “La caratteristica di questo piccolo gruppo è che si riesce a parlare liberamente di quello che succede a ciascuno, spesso fatti gravosi e impegnativi – riferisce Antonella – Il lavoro parte da una testimonianza, ascoltata o letta. Ogni volta si verifica l’imprevisto: qualcuno racconta di sé e spinge ciascuno dei presenti a porsi fino in fondo davanti al dato di esperienza e al suo significato. A lasciare spazio al bene per sé”.
All’inizio di questo anno sociale 2015-2016 si è costituito anche un altro gruppo, quello delle ‘accoglienze varie’, animato da Olga che da anni segue Famiglie per l’Accoglienza, aprendo la propria casa all’ospitalità e al sostegno a madri sole. “Cominciare questo lavoro mi ha fatto scoprire una freschezza: con i partecipanti al gruppo non ci conoscevamo prima, ma ci siamo ritrovati fin dalla prima volta a dirci che novità e che vantaggio sia stato per la nostra vita praticare l’accoglienza”.