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Custodire il legame con il Paese d’origine: racconto di un viaggio speciale in Colombia

Custodire il legame con il Paese d’origine, Alberto: “Per noi e per i nostri figli, una grande ricchezza”.

32 Mi chiamo Alberto e da novembre del 2011 sono il papà di Daniel e Juan David: due meravigliosi figli colombiani. Mia moglie Giusi, anche lei nata in Colombia, è stata adottata da una famiglia italiana quando era molto piccola. Un primo fatto molto speciale della nostra storia è che otto anni fa mia moglie ha ritrovato la propria famiglia di origine, che siamo poi andati a conoscere alla fine del 2008. Siamo poi tornati in quella bellissima terra per incontrare i nostri bambini. Il legame della mia famiglia con questo paese è dunque molto forte e siamo stati sempre certi che custodirlo è, sia per noi sia per i nostri figli, una grande ricchezza. Perciò abbiamo programmato il nostro terzo viaggio in Colombia e siamo partiti.

E’ stata una lunga permanenza di 32 giorni trascorsi un po’ a Bogotà dal fratello di Giusi, un po’ a Cùcuta, la loro città di origine insieme agli zii e ai cugini, un po’ anche insieme ad amici che abbiamo incontrato nei nostri due viaggi precedenti.

Quali sono le cose che mi sono rimaste più impresse di questo viaggio? Innanzitutto, come per il nostro primo viaggio, l’amore gratuito e senza misura ricevuto dalle zie, gli zii, il nonno, le cugine e i cugini di Cùcuta e la bellezza del loro offrire tutto quel poco che hanno come se fosse la cosa più naturale del mondo. Poi sicuramente, la ricchezza degli incontri fatti nel “llano” (la regione della pianura). Soprattutto a Granada nella scuola dei Padri Salesiani, insieme al nostro amico seminarista Marco Antonio, in quello che da noi una volta si chiamava collegio. L’ultima sera, dopo il saluto di Giusi, è stato commovente vedere i circa settanta ragazzi venirci a salutare a loro volta emozionati e grati per l’incontro: loro con noi e noi con loro.

Un altro incontro significativo è stato quello con le suore Francescane della Sacra Famiglia a Bogotà e in particolare con suor Angela, suor Catia e le sue ragazze e bambine dell’”hogar” (casa famiglia). Ci hanno mostrato il cuore pulsante della Colombia, frenetico e colmo di fatiche, ma dove è evidente la presenza di Qualcuno che, nonostante tutte le miserie umane, non ci abbandona mai.

E i nostri figli? Non ci siamo fatti troppe domande. Per noi era importante vivere quello che ogni giornata ci avrebbe portato e loro ci hanno seguito, insieme a noi con gioia e stupore in ogni incontro e con l’inevitabile dispiacere per il distacco al momento dei saluti. E’ stato bello sentirli nuovamente ed improvvisamente parlare, ed in modo fluente, lo spagnolo e godersi i sapori i colori la musica e tutte le piccole cose quotidiane che avevano ben radicate nel loro cuore e nei loro ricordi. Credo che la cosa più importante per loro, a conclusione di questo viaggio, sia sapere con certezza che anche nel loro paese di origine c’è qualcuno che li aspetta, gli vuole bene e li accoglierà sempre con amore.

Alberto